Ogni anno, è il
25
novembre giornata contro la violenza sulle donne, la
giornata internazionale per
l'eliminazione della violenza contro le donne in cui si
alza una eco enorme per
combattere
la violenza sulle donne, con immagini e slogan altamente
emotivi
"
no alla violenza sulle donne".
Ogni anno si parla di statistiche, si raccontano fatti raccapriccianti,
si enfatizzano le
misure di protezione, aumentando
la sensibilità e la consapevolezza comune, ma poco si fa
per
prevenire la
violenza sulle donne. Come
prevenire la violenza sulle donne se i riflettori sono
puntati sulle conseguenze e non sulle cause reali e se si
definiscono
misure di
prevenzione della
violenza contro le
donne, misure che sono invece di
protezione
o tutt'al più di prevenzione secondaria e che comunque ben
poco possono sulle reali
cause della violenza sulle donne?
Anche se può avere peso la cultura sociale in
cui
l'individuo è inserito, la violenza verso un'altra persona
è sempre connessa alla sfera relazionale ed emotiva, ovvero
alla disfunzione emotiva e relazionale.
E' lì dunque che bisogna agire e cercare di farlo quanto
prima, quando le disfunzionalità emotive si potrebbero
generare, perchè il
disagio emotivo
è qualcosa di molto
più vicino di quanto pensiamo e
(come vedremo) riguarda ognuno di noi... L'unico
valido progetto sulla
prevenzione della violenza sulle donne
può essere quello basato su una prevenzione
primaria, evitante che i disagi
emotivi sfocino in comportamenti antisociali.
CAUSE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE
Stop alla violenza sulle
donne, significa evitare che accada.
Per evitarlo, bisogna
conoscere
le
cause della violenza
sulle donne ed agire
prima
che queste cause si inneschino.
LA
CAUSA NON E' SOCIALE
Per l'Istat,
prevenire
la violenza "vuol dire combattere le
sue radici culturali e le sue cause", ma
il problema non è culturale o sociale (non prevalente
almeno), ma emotivo e psicologico.
Il problema sociale, tra l'altro, com'è per definizione,
è un problema che
deriva dall'insieme degli individui. Dunque, tanto il problema, quanto
la soluzione è individuale/psicologico e può
riguardare ognuno di
noi, sia come attori, che come genitori di nuove generazioni, che come
componenti della società.
La
violenza sulle donne è solo la punta dell'iceberg di un
crescendo di
asocialità
e di violenza generale, che nasce dalla
disfunzionalità
emotiva (incapacità di
relazionarsi in modo funzionale) che investe milioni di persone (donne,
uomini e bambini) ed è più evidente e
conflittuale all'interno della
coppia.
Questo è il vero problema e può riguardare
tutti!
"La ricerca scientifica sulla violenza familiare
è stata condotta
in passato prevalentemente dai sociologi e non dagli psicologi. I
sociologi, infatti, sono attratti dal cambiamento nella natura della
società, piuttosto che dal cambiamento dei rapporti di
coppia o
all'aiuto nei confronti dei singoli individui. Così i
sociologi
tendono a vedere la donna vittima di fattori sociali quali il
patriarcato e a non riconoscere che il predominio dell'uomo nella
società e nella famiglia è solo uno
dei fattori di rischio per la
coppia." (Murray A. Straus)
Le
cause della
violenza sulle donne
non sono di tipo sociale,
ma soprattutto individuali, emotivi e relazionali e finchè
non si comprende questo, il
riflettore resta puntato sulla
conseguenza e non sulla causa.
LE
CAUSE NON SONO IL MASCHILISMO E LA DISUGUAGLIANZA
Giacchè le statistiche sono il perno del
25 novembre giornata contro la
violenza sulle donne, parliamone, in modo completo, in
modo da ampliare la visione ed avere un reale e costruttivo
progetto sulla prevenzione della
violenza sulle donne.
La prospettiva politica e sociale sono diffusamente centrate sul
la
disuguaglianza di genere
e la cultura maschilista tra le cause della violenza sulle
donne.
E' un punto di vista valido, ma incompleto e soprattutto limitante,
perchè glissa le responsabilità individuali, di
ognuno di noi, per puntare il dito verso l'esterno, di fatto meno
controllabile.
A dare evidenza di tale limite è il fatto che
i
paesi in cui si registra il maggior numero di violenze
domestiche contro le donne siano quelli che,
più
di altri al
mondo,
rispettano l’uguaglianza di genere
(tutti nel nord
Europa: Islanda, Finlandia e Norvegia).
Questa contraddizione viene chiamata “
paradosso
nordico”.
Ogni anno il World Economic Forum (WEF) pubblica il
Global Gender Gap Report, che
misura il divario quantitativo tra uomini e donne in quattro settori
della società.
L’ultimo rapporto del
2021, presenta
Islanda, Norvegia e
Finlandia ai primi
tre posti, mentre l’Italia è all’63esimo.
Uno studio pubblicato, nel 2016, su Social Science &
Medicine, da Gracia e Merlo, riporta che, nei paesi nordici,
tra
il 20 e 30% delle donne, in media, ha subito violenza
domestica:
il 32% in Danimarca, il 30% in Finlandia, il
28% in Svezia,
il 26,8% in Norvegia e il 22% per cento in Islanda.
Portogallo, Italia e Grecia, che sono molto indietro rispetto ai paesi
nordici per quanto riguarda l’uguaglianza di genere, hanno
invece tassi molto più bassi di violenza domestica
contro le
donne.
La tendenza è confermata anche osservando solo i dati
relativi alle molestie
sessuali (15% in Italia,
32% in Danimarca, 27%
in Svezia e Paesi Bassi).
Alcune spiegazioni di questo fenomeno affermano che il motivo risiede
nell'alta consapevolezza delle donne scandinave, che tollerano meno e
denunciano di più (
dato però non
confermato statisticamente).
Altri invece attribuiscono la maggior percentuale di violenza sulle
donne, nei paesi più emancipati, alla maggiore
libertà delle stesse, che le esporrebbe maggiormente al
rischio.
Tuttavia, la gran parte delle spiegazioni attribuisce la violenza sulle
donne ad una latente cultura maschilista, in
cui la donna
troppo
emancipata scatenerebbe una
violenza
di tipo vendicativo, da parte
di uomini frustrati.
Al fine di una dissertazione intelligente e di stimolare il coraggio di
pensare, io credo possa essere utile
analizzare i dati emergenti da un paese tra i più popolosi
al
mondo, in cui la disparità di genere, tra uomini e donne,
è maggiore, il maschilismo è preponderante e
quindi la frustrazione maschile potrebbe
essere più bassa: la Cina.
Contrariamente ai paesi nord europei, tra i più virtuosi per
la parità di diritti tra uomini e donne, in Cina, non solo
la discriminazione di genere è peggiorata nettamente negli
ultimi 15 anni, ma essa è l’unico paese al mondo
in cui
le donne sono state discriminate e rifiutate ancor
prima di
nascere, fino a qualche anno fa (quando vigeva ancora la
cultura del
figlio unico, preferibilmente maschio), sviluppando una
indole profondamente docile e servizievole, nonché di
instancabili lavoratrici. A questa indole, si è sommata
l'idea, ivi sviluppatasi intorno agli '80/'90, che le
capacità femminili dovessero essere applicate ad un lavoro
di tipo femminile, possibilmente tra le mura domestiche. Il numero
delle donne che
lavora “fuori casa” è così
diminuito vistosamente negli ultimi anni, accrescendo ancor
più il gap tra uomini e donne, ovvero disparità e
disuguaglianza.
La cultura cinese non è solo fortemente maschilista, ma la
percentuale di uomini è nettamente superiore ad altre parti
del mondo, ciò può indurre una inevitabile
solitudine maschile,
che facilmente può sfociare in aggressività,
nonchè un aumento di aggressività e competizione
tra
pari.
Eppure, in base ai dati forniti dalla Federazione nazionale delle donne
cinesi, a subire violenza
domestica è circa il 30% delle
donne sposate, ovvero un numero simile a quello danese.
La medesima
discriminazione di genere e sottomissione
femminile, la si
trova in molte altre culture.
In Brasile o Colombia la disparità di
genere è
maggiore, il tasso di omicidî è enorme,
ma la proporzione di donne tra
le vittime è bassissima.
Così, in altre società come quella indonesiana,
filippina e
vietnamita, in cui non solo la donna viene percepita come
sottomessa, ma viene addirittura
addestrata
ad essere remissiva e
servile, da un programma governativo serratissimo, il tasso
di violenza
verso le donne
è molto basso.
Di fatto senza disturbarci troppo con analisi statistiche sulle
differenze sociali in altri paesi, che nemmeno conosciamo,
appelliamoci
semplicemente al senso comune ed al
nostro vissuto
personale.
E'
innegabile che nell'ultimo secolo abbiamo fatto passi da giganti e che
per fortuna c'è molta più
sensibilità ai temi
relativi alla parità dei diritti ed un evidente calo della
visione maschilista. Basta pensare alle nuove generazioni, alle nostre
famiglie, a quelle dei nostri genitori o nonni e la diminuzione del
maschilismo e del patriarco si
tocca con mano, eppure i femminicidici non sembrano affatto
diminuire.
Questo grafico della Polizia di Stato riporta chiaramente che
tra
il 1992 ed il 2006, addirittura c'è stato un crescendo di
vittime
femminili.
Truenumbers
evidenzia un leggero calo generale delle vittime femminili negli anni
tra il 2002 ed il 2014, ma un aumento tra le vittime per mani di
omicidi partner (anche tra gli uomini).
Lo stesso dato lo evidenzia il grafico della Direzione
centrale della polizia criminale (DCPC)
e della banca dati sugli omicidi volontari del Ministero degli Interni,
specificando la natura
dell'omicida, tra gli anni 2002-2019. Calano gli omicidi per
mano
di autore non identificato o sconosciuto, ma
aumentano nettamente le
vittime di omicidio per mani conosciute, con particolare rilievo ed
evidenza da parte di un partner o ex (linee rosse e arancione), numero
che risulta pressochè doppio
rispetto all'inizio.
E' questo il primo dato rilevante, che ci deve
far
riflettere: aumentano in generale, tra uomini e donne, gli omicidi di
partner.
Questo è un chiaro indice di una
disfunzionalità
relazionale ed emotiva.
Qual'è infatti il contesto in cui più facilmente
si perde
la testa? Quello dove entrano in gioco le emozioni ed i sentimenti ed
in cui c'è il numero più alto di interazioni,
quello
delle relazioni col partner, soprattutto dell'altro sesso con cui le
incomprensioni sono maggiori.
Lo sappiamo tutti, non ci vuole la scienza e nemmeno le statistiche.
Il secondo fattore che ci balza agli occhi è che il numero
di
crimini commessi dagli uomini verso le donne è maggiore
rispetto
a quello delle donne ed abbiamo già visto che non
è una
questione di cultura o non prevalente.
LA
VERA CAUSA DELLA VIOLENZA
In sintesi, dunque, il
problema cruciale non è il maschilismo,
ma il fatto che le persone hanno scarsa maturità emotiva,
non sono
infatti più in grado di gestire le emozioni
e le frustrazioni, inoltre sono molto più fragili e insicure
e
troppo concentrate sull'appagamento dei propri bisogni,
incuranti
della sofferenza altrui, ovvero con scarsa empatia ed entrambe queste
carenze riducono la capacità di agire in modo intelligente
emotivamente.
Infatti,
la violenza
è una azione dannosa contro
qualcuno (che spesso si rivela dannosa anche per sè stessi).
In
questa definizione è compresa l'origine del problema: una
azione dannosa, ovvero l'incapacità di
agire in modo vantaggioso (mancanza di intelligenza emotiva), verso
un'altra persona (mancanza di empatia) e persino verso se stessi
(mancanza di maturità emotiva).
Se vogliamo prevenire, dobbiamo evitare
o ridurre questa
incapacità e per poterlo fare dobbiamo comprendere cosa la
genera.
L'incapacità
di agire in modo
intelligente emotivamente è più marcata in caso
di
allarme per la sopravvivenza, ovvero in situazioni di forte
emotività e di relazioni tra partner.
La capacità di agire in modo intelligente emotivamente
è
condizionata dal grado di maturità/consapevolezza emotiva e
di
empatia, nonchè dal sesso dell'aggressore.
SEQUESTRO
EMOZIONALE
Quante volte nonostante tutti i buoni propositi, l'amore o i "lavori
interiori" effettuati, di fronte a certe situazioni perdiamo il lume
della ragione o agiamo in modo meccanico o semplicemente
non
riusciamo a gestire le emozioni, ovvero
manifestiamo immaturità emotiva?
Si chiama "sequestro emozionale"!
Le informazioni emotive, che solitamente
salgono dalla
parte del cervello più antico fino alla regione prefrontale,
più evoluta, per essere elaborate e gestite, se hanno un
forte
connotato emotivo ed in qualche modo minacciano la nostra sopravvivenza
(o quella della relazione, che è vitale, per la specie)
vengono
seguestrate da una area del cervello chiamata amigdala, che significa
mandorla. Per usare una metafora, le mandorle amare hanno una
piccola quantità di cianuro. Il cianuro, in dose tossica,
causa
ansia, ipertensione, tachicardia, vomito e ridotta ossigenazione
cellulare... Non vi sembrano questi gli stessi sintomi legati alla
paura e ad un cervello non ossigenato che non riesce a ragionare? L'amigdala
è il sistema di allarme del cervello, che
elabora le informazioni ambientali per scatenare una eventuale
guerra o fuga.
Questo meccanismo si è ovviamente sviluppato a salvaguardia
della vita e della specie ed è assolutamente funzionale.
Diventa disfunzionale quando siamo insicuri
e troppo
sensibili (e dipendenti) alle informazioni esterne, quando
cioè
ci sentiamo minacciati nella nostra sicurezza/stabilità.
Più si è insicuri dentro, più si
cercano sicurezza
fuori, più ne diventiamo dipendenti emotivamente,
più ci
facciamo condizionare e più diventiamo fluidi,
liquidi, instabili,
iperemotivi ed incapaci di gestire le emozioni e/o calarci nei panni
altrui, troppo presi dal recuperare il nostro senso di sicurezza.
Se a far scattare l'allarme è la minaccia alla nostra
sicurezza ed essa è direttamente proporzionale al nostro grado
di insicurezza e di dipendenza emotiva dall'esterno,
ne va da sè che l'insicurezza/fluidità
è un fattore cruciale.
Quando non riesciamo a gestire il carico emotivo si
può
verificare un sequestro emozionale che innesca il meccanismo lotta o
fuggi. Indovinate quale dei due meccanismi è prevalente nei
maschi e quale nelle femmine?
PERCHE'
LE VITTIME DONNE SONO DI PIU' DEGLI UOMINI?
Quante volte vi
siete chiesti perchè gli uomini uccidono
più delle donne o perchè le donne
uccidono meno degli uomini?
Tra il 2000 ed il 2018,
gli
omicidi compiuti da uomini verso una partner femminile sono
più
o meno
doppi, rispetto a quelli delle donne verso il partner maschile e
c'è da considerare che le violenze verso gli uomini sono
spesso
reattive ad abusi subiti.
Quante
volte, osservando i bambini, avete notato che
i maschietti sono più litigiosi, aggressivi o finiscono di
più alle mani
rispetto delle femminucce?
In
questo report dell'Istat,
possiamo vedere che tra gli atti persecutori negli adolescenti, lo
stalking si configura come un reato di genere: il numero delle
vittime donne è 3 volte quello dei maschi, nelle classi
14-18
anni e 6 volte maggiore nelle classi di età 18-24.
Rilevante notare che tra il 2010 ed il 2017 le denunce di atti
persecutori negli adolescenti sono
raddoppiate,
crescono l'informazione e la consapevolezza e quindi il coraggio di
denunciare o cresce il tasso di violenza, ovvero il
disagio emotivo delle nuove generazioni, così come tra gli
adulti?
La risposta al perchè l'aggressività sia maggiore
nei
maschi e più bassa nelle femmine è insita nella
struttura
neuronale del cervello ed è assolutamente funzionale alla
sopravvivenza della specie. Non c'è una categoria che sia
meglio
dell'altra al fine del mantenimento della specie umana. Ogni tipologia
di cervello è perfetta per il suo scopo.
Il
cervello degli uomini si è strutturato per
millenni per agire, cacciare, difendere.
Il cervello delle donne invece si è strutturato per
accogliere,
capire, comunicare, curare i legami, gestire le emozioni ed
evitare i conflitti (fuga). In esse, le aree di connessione, come il
corpo calloso, sono più grandi di quelli maschili e le aree
del
linguaggio più attive.
I maschi possono
facilmente finire a scazzottate e poi andarsi andare al bar insieme. Le
femmine invece cercano disperatamente, in tutti modi possibili di
evitare il conflitto e di risolverlo, chiarendo e parlando fino allo
sfinimento. Quando poi il conflitto si innesca, fanno un muso lungo una
quaresima e se ne ricordano per sempre! Il motivo risiede nella
struttura cerebrale.
Nelle femmine domina
l’ossitocina, l'ormone
del benessere femminile, che ne riduce il
livello di
stress e favorisce tutto ciò che è
connesso
al
legame ed alla socialità.
Gli studi dimostrano
che iniezioni
di ossitocina nel cervello di animali riducono
il comportamento
aggressivo.
L’ossitocina
è un ormone complesso fortemente legato ai legami sociali
all’interno di molte specie animali, non solo quella umana.
Alcuni scienziati
dell’Università di Zurigo
hanno scoperto che l’ossitocina promuove un
sentimento di fiducia negli
altri. La fiducia che spesso manca da parte del carneficie o omicida e
può far uccidere per gelosia.
L'ossitocina
dunque
favorisce la fiducia e la propensione sociale e riduce l'ansia
e la paura, agendo a livello dell'amigdala, la mandorla amara
che
può sequestrare le emozioni e farci agire in modo
irragionevole.
L'amigdala infatti è il centro di controllo e gestione della
paura, del lotta o fuggi, funzione che necessita di adeguata
interpretazione delle espressioni facciali ed i segnali emotivi
altrui. Uno
studio collaborativo tra i ricercatori
dell’Università della Pennsylvania, della Yale
University
e della Duke University, ha infatti scoperto i danni
all’amigdala
sono associati a compromesse capacità sociali, invece
l’ossitocina introdotta in una regione specifica
dell’amigdala, aumentava
istantaneamente
i comportamenti pro sociali.
Più ossitocina è stimolante
prosocialmente, ma la troppo alta concentrazione di ossitocina nel
sangue e/o nel cervello porta a comportamenti
aggressivi di protezione
del proprio nucleo sociale. Inoltre, diversi
studi hanno dimostrato che il trattamento con ossitocina può
essere di aiuto a persone con disturbi dello spettro autistico (ASD)
nell’interpretazione e comprensione degli stimoli sociali, ma
non
ha nessun effetto su altre
situazioni come l'ansia
sociale, le instabilità familiari, le sindromi
borderline e ossessivo
compulsive, che non danno risposta al trattamento con
ossitocina come
farmaco esogeno.
Tutto
questo ci dice che l'ossitocina promuove
sentimenti, comportamenti e relazioni sociali
positivi, ma se in dose adeguata e naturalmente prodotta.
Quindi l'ossitocina
è un neurotrasmettitore prosociale necessario
allo sviluppo di empatia e intelligenza emotiva, ma
non un farmaco miracoloso, non possiamo agire dall'esterno
verso l'interno.
La produzione di ossitocina però viene favorita
dalla empatia e dalle azioni prosociali, quindi
da quelle azioni intelligenti che creano vantaggio a tutti,
cioè dalla intelligenza emotiva.
Partendo dunque dall'assunto che la violenza è una azione
dannosa contro qualcuno e che questa incapacità dipenda
molto
dal grado di empatia, ovvero dai neurotrasmettitori e dalle aree
cerebrali coinvolte in questa capacità, possiamo pensare che
migliorando questa capacità, ovvero il livello adeguato
e naturalmente indotto
dei neurotrasmettitori coinvolti, potremmo avere un livello
più
basso di violenza, non solo contro le donne, ma contro tutti e tutto,
ovvero un maggiore livello di cooperazione prosociale.
La domanda dunque più logica è: come fare in modo
di
sviluppare empatia ed intelligenza emotiva, ovvero di produrre un
adeguato livello di ossitocina?
Nei miei almanacchi
consiglio, ogni giorno, le attività utili in tal senso, ma
intanto qui vi ricordo che il nostro corpo si è
perfettamente
evoluto al fine prosociale, quindi basterebbe rispettare di
più
la nostra natura e considerarci esseri non solo pensanti, ma anche con
un corpo ed un cuore, per migliorare le cose.
Tuttavia, brevemente è bene che vi dica che l'ossitocina,
questo
ormone straordinario prosociale, che crea legami e favorisce il
contatto fisico ed emotivo, la cura e
l'empatia, viene
naturalmente prodotto dal corpo in tutte le attività di
contatto
fisico ed emotivo, ovvero di empatia e di prosocialità (e
non
solo). Dunque vi è non solo corrispondenza bidirezionale tra
empatia/socialità ed ossitocina, ma anche di
imprescindibilità.
Non c'è empatia senza ossitocina, non c'è
ossitocina, senza empatia.
Vogliamo diminuire la violenza?
Dobbiamo aumentare l'empatia e la capacità di agire
in modo prosociale, perchè avere una grande empatia non
significa necessariamente saper agire in modo vantaggioso. Pensiamo al
semplice fatto che nelle dinamiche di violenza accade di frequente che,
soprattutto inizialmente, la vittima tenda a dare una giustificazione
ai comportamenti del carnefice, avallandoli di fatto.
Quindi il perno è la capacità di agire con
intlligenza
emotiva, il che necessita sia di maturità emotiva,
che di
empatia, ovvero della consapevolezza e gestione delle proprie emozioni,
nonchè di quelle altrui.
Queste abilità sono abitudini
relazionali che
derivano dalle nostre relazioni con i nostri genitori, consolidate in
anni ed anni. Sono site nel cervello limbico, al di sotto di quello
cognitivo razionale, nella regione prefrontale. Dunque non si apprende
sui libri o con le chiacchiere o con la ragione, peraltro
drammaticamente bloccato durante
un sequestro emozionale.
Le abilità relazionali sono abitudine e come tutte le
abitudini si apprendono col tempo, con le
ripetizioni, con le novità e con le ricompense.
Quali ricompense? Quelle relazionali appunto!
Infatti dipendono e si imparano dalle relazioni
coi genitori
e con la madre in particolar modo, che inonda in bambino di
ossitocina durante il parto e tutte le volte che lo tiene a contatto
col suo corpo o gli fornisce contatto emotivo. E' proprio questo
continuo contatto fisico ed emotivo che, oltre a produrre ossitocina,
attiva i neuroni specchio (per imparare imitando),
suscita azione
e reazioni emotive (maturità emotiva), genera nel bambino la
sufficiente sicurezza emotiva e relazionale.
Pensateci un attimo.
Quando i genitori sono presenti, i bambini non sono forse
più
sicuri nell'esplorare l'ambiente ed interagire con gli altri?
E non sanno anche giocare da soli se la mamma è in un'altra
stanza?
Quand'è che i bambini invece diventano ansiosi e vogliono
stare
sempre al centro dell'attenzione? Quando si sentono abbandonati o
traditi da uno dei due genitori, che non da loro il contatto fisico ed
emotivo di cui abbisognano naturalmente.
E' proprio questa ansia, ovvero paura, che può innescare il
sequestro emozionale, ma comunque condiziona le relazioni, facendole
divenire di tipo insicuro, ansioso, ossessivo, dipendenti
affettivamente o narcisistiche, come vedremo di seguito.
COMPORTAMENTI
ANTISOCIALI
Abbiamo visto sopra che ad originare la violenza, cioè
l'azione
dannosa verso un'altra persona, può esserci una
incapacità decisionale data dal malfunzionamento
delle emozioni che possono risultare anestetizzate in alcuni
casi
(narcisismo) o ipertrofici in altri casi (dipendenza emotiva, sindromi
ossessive/paranoiche) o alternati tra essi (borderline) e si accentuano
in caso di relazioni tra partner e di minaccia per la sopravvivenza e
che la ridotta capacità empatica è una
determinante
fondamentale.
Che evidenze abbiamo di questo?
Ne ho già parlato diffusamente in articoli specifici cui vi
rimando.
Qui mi limito a ricordare 3 situazioni di violenza che ho analizzato:
- la prima si riferisce al fenomeno degli haters, dei trolls e della
violenza in generale nella popolazione,
- la seconda è quella degli omicidi da parte dei figli
verso i genitori,
- la terza è quella inerente i segnali
dall'allarme della violenza verso le donne (lo pubblicherò
nei possimi giorni).
Nel primo caso, l'odio è una forma di
controllo
e di
potere
sugli altri, con cui si cerca l'affermazione di
sè, ovvero dell'"io sono ok, tu non sei ok" (
narcisismo).
E' implicita una chiusura del cuore e una
incapacità di provare empatia che può
trasformarsi in sadismo e volontà di fare del male.
Nel secondo caso, il comportamento antifamiliare rimanda ad
una disfunzione relazionale ed un attaccamento insicuro verso i
genitori, caratterizzato da
personalità
insicure prevalentemente anaffettive,
narcisistiche
O dipendenti affettivamente, spesso
collusive e complici tra loro.
Nel terzo caso, le ricerche dimostrano che chi fa violenza
sulle donne, rientra in uno scenario di
controllo,
manipolazione
e assenza di
valori morali.
Ciò che emerge dall'analisi dei dati è la diretta
conferma di quanto insito nella stessa definizione di violenza,
ciòè l'incapacità di agire in modo
intelligente emotivamente a causa della mancanza di empatia e della
insicurezza, ovvero della eccessiva dipendenza dall'esterno che crea
personalità fluide ed insicure.
Una identità sempre più
liquida ad ogni
livello
ed in ogni contesto,
senza basi solide e
sistemi valoriali di riferimento, che fonda il
proprio sentirsi “ok” sul “
qui
ed
ora”, totalmente intollerante alla frustrazione.
Un modo diverso per dire “
tutto
e
subito”, "non mi importa del passato,
né del
futuro, né di aspettare, né di te. Tutto passa,
anche tu!"
Ecco allora che il sé diventa il centro di tutto,
completamente menefreghista rispetto alle conseguenze delle proprie
azioni.
IL FALLIMENTO DELLA EMPATIA
L'insicurezza e la fluidità causano un sempre
maggiore
bisogno di controllo.
Le persone, le relazioni, le cose, le azioni, diventano sempre
più spesso
oggetti/strumenti di
manipolazione, per
sentirsi
“ok”, per sentirsi in potere.
L'
egoimo impera dietro la
grande vulnerabilità alla
frustrazione.
La società diventa sempre più
narcisistica.
I social ci influenzano sempre di più, in modo distorto,
anichilendo la nostra volontà e distruggendo le nostre
relazioni.
L'ego la fa da padrone, mentre il cuore soccombe, a danno della
empatia,
della
socialità e della
intelligenza
emotiva.
Se gli esseri umani, che sono esseri viventi di tipo sociale, ovvero
fatti per
vivere in comunità ed in relazione
stabile, non
hanno
capacità empatiche,
cioè la
consapevolezza
delle proprie emozioni e di quelle altrui, come
è possibile
agire in modo intelligente
emotivamente, ovvero in modo da ottimizzare
i vantaggi per tutti e
minimizzare i danni arrecabili?
Non è possibile!
L
'intelligenza
emotiva è la capacità di
agire in modo intelligente evolutivamente, ottimizzando i
vantaggi per tutti.
Alla base della intelligenza
emotiva, c'è la
consapevolezza
emotiva, cioè l'empatia.
L'empatia,
è la
capacità di guardarsi dentro e di
guardare
fuori dal proprio sé, confrontandosi con
l'altro. Essa si
fonda sulla capacità di sentire le proprie emozioni
(
maturità emotiva) e si forma tramite
il confronto continuo
col proprio genitore, che risponde alle emozioni del bambino, con altre
emozioni, suscitandone altre ancora, in
un ciclo continuo
di
sensibilità, accoglienza e risposta emotiva.
Senza empatia,
non è possibile scegliere ed agire in modo
intelligente emotivamente, per se stessi e per la specie.
Senza intelligenza
emotiva, le emozioni e
le frustrazioni
diventano
ingestibili e devastanti.
Noi pensiamo sempre al
disagio emotivo,
ai disturbi di
personalità ed alla criminalità, come a qualcosa
lontano da noi, che non ci può accadere o riguardare,
invece, come abbiamo visto nel caso dello studio sugli effetti dei
selfie sulla personalità,
è
qualcosa di molto
più vicino di quanto pensiamo.
La società narcisistica ci circonda ed influenza e la
violenza è dietro l'angolo.
La violenza riguarda tutti, in qualche modo.
La violenza è dunque l'espressione del fallimento
dell'empatia
e della intelligenza
emotiva,
ovvero del modello relazionale che abbiamo imparato da bambini.
Per questo, prima di puntare il dito sulla società o sulla
politica (che indubbiamente hanno un ruolo importante) dovremmo pensare
alla responsabilità che abbiamo noi tutti, singolarmente,
sia come genitori o educatori o esempi viventi, sia come attori sociali
e
relazionali.
PROGETTO
DI PREVENZIONE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS)
ha
lanciato il programma RESPECT, ma tra le 7 strategie
per combattere e
prevenire
la violenza contro le donne,
solo 1, la prima, è di tipo psicologico ed è
davvero rilevante nella
prevenzione e certo non si può imparare sui libri. Tutte le
altre sono
strategie sociali, certamente utili a garantire protezione e tutela
alle donne, ma non prevenzione.
R–elationship skills strengthened = rafforzate
capacità relazionali
E–mpowerment of women = aumento delle capacità di
autodeterminazione delle donne
S–ervices ensured = garantire alle donne tutti i servizi
necessari
P–overty reduced = riduzione della povertà
E–nvironments made safe = sicurezza e protezione
dell’ambiente
C–hild and adolescent abuse prevented = prevenzione e
protezione degli abusi contro i bambini e gli adolescenti
T–ransformed attitudes, beliefs, and norms = cambiare le
attitudini, le credenze, le norme, cioè eliminare le
disuguaglianze
Questa non è
prevenzione!
In generale, la prevenzione
può avvenire a 3 livelli:
1) la prevenzione
primaria si attua in seno alla
famiglia, dove si definiscono
i modelli relazionali da adulti, facendo in modo che le normali ferite
emotive non si trasformino da occasione di crescita, a disagio e
disfunzionalità emotiva;
2) la prevenzione
secondaria si attua nel contesto della
disfunzionalità emotiva, o del disturbo di
personalità o della malattia mentale, cercando di evitare la
violenza e la delinquenza;
3) la prevenzione
terziaria si attua nel contesto della delinquenza ed
è diretta ad impedire le recidive.
Capite bene che il terzo livello, quando viene adottato, ha
già mietuto delle
vittime e che il secondo è molto spesso difficile da
attuare, sia per la normalità sociale e relazionale in cui
la disfunzione emotiva
si inserisce, sia per la difficoltà diagnostica e di
riscontro,
anche per
frequente collusione della vittima. Quindi, è il primo
livello quello della vera
prevenzione.
Il carattere delle persone e delle relazioni si cristallizza in tutta
la vita, ma si definisce nei primissimi anni, da 0 a 7, quando il
pensiero razionale non è ancora maturo, quando il cervello
registra tuto quello che gli accade intorno per trasformalo,
successivamente, in convinzioni, che diverrano azioni, abitudini,
carattere.
In questa fase l'apprendimento è di tipo imitativo e
reattivo e si attiva anche tramite i neuroni specchio.
L'equilibrio di un bambino è molto delicato e facilmente
influenzabile dall'atteggiamento e dalla presenza del genitore.
Pertanto,
la prevenzione
va fatta prima ancora che si
diventi
genitori, poi
nei primi anni di vita e
continuarla per tutta la vita.
INTELLIGENZA
EMOTIVA COME MEZZO DI PREVENZIONE
Se il
crimine nasce da azioni egoistiche
non vantaggiose per gli altri e la società, ovvero dalla
asocialità,
dalla mancanza di empatia
e di
intelligenza emotiva
e vogliamo prevenire il crimine,
dobbiamo
aumentare l'intelligenza
emotiva dei bambini e degli adulti.
ATTENZIONE! Preciso che sto parlando di
intelligenza emotiva
come mezzo di prevenzione, non di empatia.
L'intelligenza emotiva
non è empatia, benchè si fondi su di essa.
L'intelligenza emotiva è un'
azione,
una abitudine,
finalizzata al vantaggio di tutti.
L
'empatia
non è maturità emotiva e nemmeno
emotività. L'empatia è la consapevolezza emotiva
delle
proprie ed altrui emozioni e nasce dalla
maturità emotiva.
La
maturità emotiva è la
capacità di
gestire ed avere
consapevolezza delle
proprie emozioni (a breve
termine) e sentimenti (a lungo termine), ovvero
l'emotività...
A sostegno del fatto che
il valore aggiunto sia
l'intelligenza
emotiva,
piuttosto che l'empatia,
è una interessante ricerca del 2016, sulla
distribuzione mondiale della empatia, condotto dalla
Michigan University, in collaborazione con quella di Chicago e
dell’Indiana.
Dai risultati emerge che il paese più empatico
è
l’Ecuador, cui fanno seguito
Arabia Saudita, Perù e Danimarca. Come
abbiamo
già visto sopra, nel paradosso nordico, la Danimarca
è
tra i paesi anche più garantisti di tutela, eppure al primo
posto come violenza domestica verso le donne. Così l'Arabia
Saudita (come Emirati Arabi e Kuwait, tra i primi
posti in
cassifica per il grado di empatia) ha
una lunga storia di guerre e aggressioni con i paesi confinanti.
Perché? “
Il loro punteggio
così alto in classifica potrebbe essere
dovuto a un limite del nostro sondaggio online che non riesce a
distinguere tra l’empatia per le persone provenienti da paesi
diversi e
quelli del proprio paese” ha dichiarato William
Chopik, uno degli
autori dello studio.
E' interessante notare che dallo studio emerge che, come già
detto, l’empatia è maggiore nei paesi in cui i
cittadini
hanno uno spiccato senso della collettività
(socialità)
e che gli studenti americani, negli ultimi
venti anni, sono diventati meno empatici a causa dei social
media
e del mutamento del sistema familiare, meno attento alle cure
parentali.
In sintesi, la maturità emotiva, ovvero la consapevolezza
delle
proprie emozioni è ciò che permette di attivare
la
funzione riflessiva e la capacità di prevendere le emozioni
altrui. Questa capacità si chiama empatia.
Quando
all'empatia si
somma una azione vantaggiosa per tutti, quindi nè egoistica,
nè solo altruistica, si genera intelligenza emotiva.
Se la capacità empatica e l'
azione
che ne consegue nasce dallo stile di attaccamento
con i genitori e soprattutto con la madre, facciamo in modo tale che
questo attaccamento sia
sicuro o
quantomeno lo sia il più possibile,
questa è prevenzione
primaria.
PREVENZIONE
PRIMARIA
Come si può fare prevenzione
primaria?
Con la
presenza e
l'accudimento sia fisico che
emotivo.
Ricordiamo che la presenza attiva i neuroni specchio.
Ricordiamo che l'empatia,
è stato dimostrato, è
correlata alla capacità riflessiva (di riflettere, come lo
specchio) e che gli adulti capaci
di
parlare delle proprie emozioni, hanno
maggiore
maturità emotiva
e maggiori
probabilità di avere dei figli con uno
stile di
attaccamento
sicuro.
In primis dunque, genitorialità consapevole.
"
Fare i figli è diverso da essere genitori",
dice Kekko Silvestre dei Modà.
Tutte le madri dovrebbero ricordare ciò che hanno
dimenticato e che gli animali ben sanno.
Nessun rapporto può essere pari a quello madre-figlio, in
cui il contatto emotivo avviene già nella pancia.
I cuccioli hanno bisogno della madre finchè non
sono
autonomi e se questo contatto è garantito, essi crescono
equilibrati e sani.
Se invece la presenza materna non è garantita, o altalenante
o ambivalente, i bambini crescono
insicuri,
attuando schemi
comportamentali per ripristinare questa sicurezza ed a dimostrarlo
è una copiosa mole di studi e ricerche sulla
deprivazione
materna, a partire da Bowbly, dal post dopo guerra.
Se la madre sarà assente totalmente o per lunghi
periodi, il
bambino si
rassegnerà.
Sarà inutile arrabbiarsi o
cercare di attirare l'attenzione, esso dovrà fare
affidamento sull'apprendimento dei
valori sociali,
per sopravvivere e
sarà fortemente
empatico.
Forse troppo, al punto di mettere
gli altri prima di sé stesso.
Se la madre sarà invece presente in modo
altalenante,
perchè per es. lavora, o sarà
anaffettiva,
il
bambno farà di tutto per
evitare la separazione,
con
comportamenti
ansiosi che potranno essere tesi
a suscitare pietà
oppure a suscitare ammirazione. Il bambino, in questo caso,
sarà così incentrato su se stesso e sul bisogno
di attenzione, che difficilmente potrà concentrarsi su
qualsiasi altra persona, che userà invece per i propri
scopi. Inoltre, la presenza altalenante della madre o la sua
anaffettività, gli daranno più problemi a
sviluppare empatia,
attraverso il confronto e l'attivazione dei neuroni specchio.
Non conta dunque la qualità (o
comunque non solo), ma la
quantità della
presenza materna.
Come diceva Bowbly, meglio una pessima madre, che una buona istituzione!
I bambini hanno bisogno di
presenza materna continua,
i primi anni di vita.
Hanno bisogno di
contatto fisico,
che stimola la produzione di
ossitocina,
l'ormone della socialità e quindi dell'
empatia.
Hanno bisogno di
contatto emotivo.
Hanno bisogno di potere
sentire e comunicare le proprie
emozioni.
Hanno bisogno che le loro emozioni siano ascoltate ed abbiano una
risposta.
Hanno bisogno di vedere nei genitori la capacità empatica e
la gestione intelligente delle emozioni.
Hanno bisogno di
confronto e di esempio.
Hanno bisogno di uno
specchio in cui vedersi
riflessi (funziona
riflessiva).
Tutte le donne dovrebbero sapere questo.
Tutti i genitori dovrebbero saperlo.
I genitori devono sapere che una separazione, anche di qualche ora, per
un bambino piccolo, è un trauma e non deve essere affrontata
con leggerezza.
I genitori devono sapere che i bambini hanno bisogno di due genitori e
del senso di famiglia, soprattutto nei primi anni di vita.
I genitori devono sapere anche che i "NO" servono non solo per
educare e segnare confini che
rendono solide le personalità,
ergo con valori morali, ma anche per imparare a tollerare la
frustrazione. Oggigiorno i bambini sono abituati al tutto e subito,
sono abituati ad usare gli altri ed a crollare emotivamente o peggio
diventar violenti ai primi "no".
I genitori devono sapere che il cervello dei bambini è
immaturo fino ai 21 anni ed è fondamentale la loro presenza
e controllo.
I genitori dovrebbero sapere che internet, i social e gli strumenti
mediatici, non solo riducono la capacità relazione, ovvero
l'intelligenza emotiva, l'empatia e la maturità emotiva, ma
sono fonte di aggressività e violenza, come ogni dipendenza
ed essa si genera già a partire da 3 ore al giorno.
Tutte le istituzioni dovrebbero saperlo e favorire, il più
possibile l'intelligenza emotiva ed arginare tutto ciò che
lo riduce, con campagne informative e/o pubblicità progresso
atte ad
aiutare in questa consapevolezza e nella creazione di relazioni solide, ma anche, con congedi per
maternità più ampi o altre modalità,
come il lavoro da remoto o a tempo parziale, che favoriscano il
contatto madre bambino nei primi anni di vita.
Le istituzioni, oltre alla famiglia, hanno un ruolo
importante nel favorire anche la
prevenzione
primaria per esempio con percorsi di educazione alla
intelligenza emotiva, ovvero alla maturità emotiva ed alla
empatia, nelle scuole,
di ogni grado, ma soprattutto nelle materne, dove l'intelligenza
emotiva viene appresa con l'emulazione e l'interazione sociale,
piuttosto che con la mentalizzazione.
Utili possono essere i laboratori teatrali ed i giochi di
ruolo, specie quelli con scambi di ruoli.
Se ai bambini fosse insegnato a sentire il loro cuore e quello degli
altri, forse crescerebbero nel rispetto e non ci sarebbe alcun bisogno
di insegnare a rispettare alcune categorie o punire chi non lo fa.
Tutti noi dovremmo renderci conto che la fallacia emotiva e
relazionale, non è una spada di damocle solo sulla testa di
alcuni disgraziati, ma in diversa misura,
può
riguardare
tutti noi.
Tutti noi, in misura
diversa,
abbiamo un bambino
interiore ferito,
più o meno
profondamente,
più o meno significativamente, più o meno
consapevolemente ed anche i nostri figli ne avranno, è
inevitabile ed è il senso della vita. Quello che noi adulti
possiamo fare è fare in modo che queste ferite siano
più profonde e disfunzionali possibili.
Questo significa che
la violenza riguarda tutti e
che tutti noi
possiamo fare qualcosa.
Per l'intelligenza emotiva,
serve empatia.
Per l'empatia
serve la
consapevolezza delle proprie emozioni
e di quelle altrui, ovvero maturità emotiva.
Per la consapevolezza delle proprie emozioni, serve qualcuno con cui
rapportarsi, confrontarsi e comunicare.
Per avere qualcuno che ci faccia da
specchio,
serve
presenza costante,
contatto fisico ed emotivo (non solo da bambini e con i bambini, ma
anche tra adulti che si amano...).
Non è certo un caso che contatto fisico ed emotivo facciano
produrre
ossitocina,
lo stesso ormone che produce la madre durante il parto e le permette di
dimenticare il dolore del parto, lo stesso
ormone che viene trasmesso al bambino, che lo produce ogni volta che si
sente protetto ed accudito e che
favorisce la
socialità e l'empatia...
ARTICOLI
CORRELATI
- QUI, puoi ascoltare l'intervista
che Radio Radicale mi ha fatto su questo
argomento, l'8/12/21.
- QUI puoi leggere
l'articolo sugli haters
- QUI
trovi l'articolo sugli omicidi da parte dei figli
- QUI troverai i segnali
dall'allarme della violenza
verso le donne
- QUI troverai i profili di chi
usa violenza sulle donne
- QUI puoi trovare il richio della
fluidità, ovvero della non solidità
E se
vuoi migliorare la tua
sicurezza emotiva e le tue relazioni,
Questo
è lo strumento giusto. L'unico che "lavora" come il tuo
cervello vuole!
BIBLIOGRAFIA
- Baldry & Roia, 2011. Strategie efficaci per il
contrasto ai
maltrattamenti e allo stalking. Aspetti giuridici e criminologici:
Aspetti giuridici e criminologici. Books Google
- Baldoni Franco 2005. Aggressività, comportamento
antisociale
e attaccamento University of Bologna
- Betsos, 2009. Uomini Violenti - I Partner
Abusanti e il loro
Trattamento Editore: Raffaello •
- Boeckler , Sharifi , Kanske , Dziebek , Singer, 2017. Processo
decisionale sociale nel narcisismo: la riduzione della
generosità e l'aumento delle ritorsioni sono guidate da
alterazioni nella presa di prospettiva e nella rabbia
- Personalità e differenze
individuali , 104,
pp. 1 - 7
- Bourbeau Lise. Le 5 ferite e come guarirle. AMRITA
- Bauman Z. (2003), Amore liquido: sulla debolezza dei legami
umani,
Roma, Laterza.
- Bauman Z. (2007), Voglia di comunità, Roma,
Laterza.
- Bowlby J. (1981) La teoria dell’Attaccamento e la
perdita
volumi 1,2,3 Trad.ed.Boringhieri, Milano 1999
- Chopik, O’Brien, Konrath, 2016.
Differences in Empathic Concern and
Perspective Taking Across 63 Countries. Journal of Cross-Cultural
Psychology, Volume: 48 issue: 1, page(s):
23-38
- Dalai Lama e Goleman D. (2003), Emozioni distruttive,
Milano, Mondadori.
- Demetrio D. (1990), Educatori di professione. Pedagogia e
didattiche
del cambiamento nei servizi extra-scolastici, Firenze, La Nuova Italia.
- Dutton, 1987. The criminal justice response to wife assault
–
Springer
- Goleman D. (2007), Intelligenza sociale, Milano, Rizzoli.
- Elbow, 1977. Theoretical Considerations of Violent
Marriages - Social
Casework, Volume: 58 issue: 9, page(s): 515-526
- Gracia e Merlo, 2016: “Nordic countries: Highest
in gender
equality“ A new report in Social Science & Medicine
- Guastella AJ, MacLeod C. A critical review of the influence
of oxytocin
nasal spray on social cognition in humans: evidence and future
directions. Horm Behav. 2012
- Munroe & Stuart, 1994.Typologies of male batterers:
three
subtypes and the differences among them. Psychological
bulletin.
- Munroe & Meehan 2004. Typologies of Men Who Are
Maritally
Violent: Scientific and Clinical Implications. PubMed, Volume: 19
issue: 12, page(s): 1369-1389
- National Intimate Partner and Sexual Violence Survey, 2010
Summary
Report
- Park e Colvin, 2014. Narcisismo e deroga dell'altro in
assenza di
minaccia dell'ego. Journal of
Personality , 83
pp. 334 - 345
- Petrovic P, Kalisch R, Singer T, Dolan RJ. Oxytocin
attenuates
affective evaluations of conditioned faces and amygdala activity. J
Neurosci. 2008
- Porcerelli, Cogan, Hibbard 2004 - Personality
characteristics of
partner violent men: A Q-sort approach. Journal of Personality Disorders
- Reed, Bircek, Osborne, Viganò, &
Truzoli, (2018).
Visual Social Media Use Moderates the Relationship between The Open
Psychology Journal , 2018, Volume 11
- Twenge e Campbell, 2003. Non è divertente
ottenere il
rispetto che meriteremo? Narcisismo, rifiuto sociale e
aggressività
- Personalità e Social Psychology
Bulletin , 29,
pp. 261 - 272
- Violence against women: Global Picture Health Response.
WHO, 2010
VAW_infographic.pdf
Commenti
Posta un commento