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PROFILO DI CHI FA VIOLENZA PSICOLOGICA E MANIPOLAZIONE RELAZIONALE

profilo di chi fa violenza psicologica, manipolazione relazionale, gaslighting, narcisismo, gelosia paranoide

Manipolazione relazionale, narcisismo, gelosia morbosa, isolamento, gaslighting sono caratteristici del profilo di chi fa violenza psicologica.

Le ricerche dimostrano che la quasi totalità degli omicidi commessi dalle donne, ai danni dei loro compagni, sono spesso una reazione ad abusi o violenze subiti.
Invece, il profilo di chi fa violenza psicologica e fisica ai danni delle donne, rientra in uno scenario di potere, controllo, sottomissione e assenza di valori morali cui conformarsi.  

Dagli studi statistici emerge che 7 femminicidi su 10, in media, sono preceduti da altre forme di violenza psicologica, manipolazione relazionale e controllo, cui può sommarsi quella fisica, e che le violenze sono compiute da partner o ex, in media tra il 20% e 30% dei casi.
Questi dati evidenziano che i segnali di allarme della violenza sulle donne, sono costituiti da violenza psicologica caratterizzata da 3 aspetti:
1) non si tratta di raptus improvvisi, ma di comportamenti reiterati,
2) sono solitamente reiterati da un manipolatore psicologico, fortemente controllante,
3) spesso si tratta di persone relativamente normali, che non hanno infermità mentali, ma con disfunzioni emotive, che inducono manipolazione relazionale.

Francesca Ranaldi, coordinatrice del Centro Antiviolenza La Nara,  intervistata circa la violenza sulle donne segnali di allarme, che possono preannunciarla, evidenzia una violenza psicologica contraddistinta da:
  • la circolarità di aggressioni e poi scuse,
  • il bisogno controllo, mantenuto anche con l'isolamento
  • la gelosia/possesso
  • il disprezzo (gaslighting).

Elbow (Elbow, 1977) descrive il  profilo di chi fa violenza psicologica secondo quattro tipologie caratterizzate tutte da un grande bisogno di controllo, che si gioca sul duplice piano della fusionalità e della relazione dominante/dominato.

Isabella Betsos (Betsos, 2009) distingue il profilo di chi fa violenza psicologica, in 3 tipologie di uomo abusante: 1) i narcisisti; 2) i soggetti con “disturbo antisociale di personalità” e 3) gli individui con “disturbo borderline di personalità” (DBP), caratterizzato da repentini cambiamenti di umore.
Risultati simili per Dixon e Browne (Baldry & Roia, 2011) i quali ripartiscono i maltrattanti in 3 principali profili di chi fa violenza: 1) violenti solo in famiglia,  2) violenti/antisociali e  3) violenti borderline/disforici.
Combinando le dimensioni delle caratteristiche di personalità e la gravità delle violenze, Monroe e Stuart (1994) descrivono: 1) l'aggressore dominante-narcisista; 2) il geloso-dipendente e 3) gli aggressori antisociali, che fanno violenza dentro e fuori le mura domestiche, come pattern generale di violazione dei diritti altrui.

Facendo un sunto, la violenza fisica è spesso preceduta da violenza psicologica, reiterata ed il profilo di chi fa violenza psicologica è solitamente ascrivibile a comportamenti disfunzionali a carico delle emozioni e delle relazioni, di tipo narcisistico, antisociale o borderline. Tutte e tre personalità di tipo paranoico carenti di maturità emotiva, ovvero di capacità di gestire le proprie emozioni, insicurezze e frustrazioni, nonchè di empatia, ovvero capacità di mettersi nei panni altrui.
A livello individuale sembra che il problema principale risieda nel bisogno di controllo, di cui la manipolazione è uno strumento ed in cui l’aggressività viene agita come reazione all’incapacità di sopportare la frustrazione e come espressione della più totale assenza di valori e di empatia.
Disfunzionalità, in cui, come ho già dettagliato in un altro articolo, l'energia è tutta sulla mente ed il cuore è chiuso.
A supporto di tale tesi, relativamente al profilo di chi fa violenza psicologica ed alle personalità dell'abusante e/o femminicida, molti criminologi (Dutton,1987) hanno sottolineato la possessività e la mancata considerazione dell’altro come persona, ovvero la mancanza di empatia.



BISOGNO DI CONTROLLO DEL MANIPOLATORE RELAZIONALE

Ho già trattato diffusamente questo argomento in un altri articoli.
Qui mi limito a ricordare che sono le relazioni con i nostri genitori, nei primissimi anni di vita, a determinare lo stile relazionale che avremo da adulti.
Quando lo stile relazionale è di tipo insicuro, è normale attuare azioni di controllo mentale (ego) e manipolazione relazionale, per ripristinare il senso di sicurezza. Questo comporta il fatto di dover essere particolarmente sensibili ai fattori esterni e dipendenti da ciò che potrebbe farci sentire accettati e quindi sicuri.
La maschera comportamentale, che si cristallizzerà da adulti, viene dettata in gran parte dalla presenza e disponibilità o meno dei genitori ed in particolare della madre.

Se l'assenza è prevalente e permanente, seppur per un certo lasso di tempo, non breve, ed il bambino si sente rifiutato (può accadere anche quando il bambino non è desiderato o non lo è di quel sesso), dovrà imparare sin da piccolo a tollerare questa frustrazione e ad essere molto sensibile verso i valori sociali, che lo possano rendere accettabile, ove adempiuti.
Il bambino si sente privato della naturale e necessaria fase di dipendenza affettiva fatta di sostegno che si traduce, da adulti, in una difficoltà a chiedere o a manifestare il bisogno emotivo (dipendenza frustrata).

Se invece la presenza è altalenante o non affettiva ed il bambino si sente abbandonato o tradito e confuso, da un affetto talvolta accudente, altre volte assente, sarà molto frustrato dall'allontanamento, sviluppando un atteggiamento ansioso e fortemente manipolativo, per mantenere la presenza del genitore. In alcuni casi l'atteggiamento sarà di totale vittimismo e dipendenza, cioè teso a suscitare compassione, in altre la maschera sarà di grandiosità narcisistica, atta ad destare riconoscimento ed accettazione. Nel primo caso, le emozioni saranno molto enfatizzate, nel secondo, le emozioni saranno represse e la rabbia si manifesterà in varie forme di controllo, soprattutto nella sessualità (come nel caso di Alberto Genovese).



NARCISISMO DEL  MANIPOLATORE PSICOLOGICO

La personalità narcisistica, tradita nel suo bisogno di amore da parte del genitore dello stesso sesso  (che talvolta è stato sublimato/idealizzato proprio a causa della deprivazione materna), è  ipercontrollante, mentale e manipolativa, totalmente tesa ad alimentare i propri sentimenti di superiorità.
Il suo cuore è chiuso, manca di empatia e di una struttura di valori atta a sostenerlo.
Tutto viene usato al fine di sentirsi “ok” e la ricerca di approvazione è spasmodica ed ossessiva, al punto di essere profondamente intolleranti verso la frustrazione di questo bisogno.

Tutti i rapporti sono funzionali ad una continua ricerca di attenzione e ammirazione. La sessualità  è molto performativa ma poco affettiva, è un mezzo per sottomettere l'altro e per ottenere ammirazione (nella sua convinzione mentale, giacchè di solito sono tutt'altro che bravi amanti, proprio perchè anaffettivi).  
Il narcisista non riesce a sopportare critiche e dinieghi, ai quali reagisce in modo violento.  

Il narcisimo non è solo un disturbo di personalità, ma può essere anche un tratto caratteriale e soprattutto un fenomeno socialmente sempre più dilagante e nefasto, al punto che alcuni sociologi, come ad esempio Vincenzo Cesareo, qualificano la società contemporanea come “era del narcisismo”.
Il soggetto affetto da disturbo narcisistico di personalità non è un malato mentale,  è capace di intendere e di volere, ma presenta disfunzionalità nella sfera dei sentimenti umani e della empatia.

Quando la mente è iperattiva ed ipercontrollante, talvolta fino al punto di diventare ossessivo compulsiva o paranoica, si è chiusi nei propri pensieri, nelle proprie convinzioni, in un circuito di tipo ansioso ossessivo in cui  non si tollera la frustrazione. Il cuore si chiude e questo rende ancora più difficile percepire informazioni utili al senso di discernimento ed al processo decisionale.

ATTENZIONE!
Il narcisismo si presenta in 2 forme: la prima che intuiamo tutti facilmente è quella istrionica, in cui il soggetto è palesemente narcisista ed ama mettersi in mostra.
Il secondo tipo è di tipo covert ed è quello più ingannevole e difficile da scoprire. Infatti, il soggetto covert può avere una personalità che non ama stare alla ribalta. E' un bravissimo manipolatore psicologico, che usa la manipolazione relazionale della tipica brava persona, molto amorevole e dedita ad aiutare chi ha bisogno. In realtà, l'empatia che manifesta è solo cognitiva . Sa cogliere i bisogni dell'altro e li asseconda, per controllarlo, ma se questi bisogni entrassero in contrasto con i suoi o, ai suoi occhi, rischiassero di mettere a repentaglio la relazione o qualcosa di vitale per lui, mostrerà tutto il suo egoismo. Può essere una persona con ferita dell'abbandono che usa la negatività ed il vittimismo per attrarre l'attenzione su di sè. E' una bugiarda cronica che ingigantisce tutto e nella sua comunicazione c'è sempre l'"io sono ok, gli altri non sono ok". E' davvero difficile capirne la vera natura, ma c'è un fattore discriminante fondamentale: la gelosia morbosa ed il tentativo ben riuscito, tramite ricatto emotivo di isolare il partner.
In realtà questo segnale arriva subito ed è davvero fortissimo a causa dell'assurdità, spesso immotivata, di ciò che ha causato la crisi.
Il guaio è che spesso abbiamo così bisogno di sentirci parte di una relazione, che tendiamo a passarci sopra, ma ogni volta la ferita mai rimarginata diviene più profonda, sia per l'abusante che per la vittima.
La vittima infatti, continua a vedere negato il suo diritto di esistere, mentre l'abusante, ogni volta riapre una ferita abbandonica o di tradimento subita da bambino.

Questo tipo di segnale, la gelosia morbosa, assurda, paranoica, ossessiva ed isolante può essere un segnale di allarme di violenza anche nei soggetti borderline, che sono molto insicuri  e creano relazioni insicure.
Cosa diversa invece per il narcisita istrionico, che perfettamente in linea con la loro mancanza di empatia e distrofia delle emozioni, può anche manifestare menefreghismo verso l'altro e addirittura proporre situazioni di promiscuità, che come abbiamo visto nell'articolo dedicato, ben poco hanno a che fare con l'amore o con la sana sessualità o la normalità.


GELOSIA MORBOSA

La prima violenza psicologica, segnale di allarme di possibile violenza fisica  e che spesso viene sottovalutata o addirittura sublimata in segno di amore, è la gelosia.
Chi ama non è geloso.
Non perchè non ci tenga all'altro, ma perchè ha una fiducia cieca nell'altro ed ha fiducia nelle proprie capacità di tenerlo accanto  sé.
Ne viene da sè che se una persona è insicura di se stessa, automaticamente nutrirà gelosia verso l'altro, che ritiene di suo possesso e che quindi considera un mero oggetto o strumento, non una persona degna di rispetto e  fiducia.
Ne viene da sè che se considera l'altro un oggetto, non avrà alcuna esitazione ad usarlo come e quando crede ed a pretendere che si comporti come lui/lei ritiene doveroso.

La gelosia non è mai amore!
Chi è geloso non ama.


I segnali di una gelosia malata sono:
- eccesso di intensità relazionale, come sentirsi o vedersi spesso, spesso rivelando un vero e proprio controllo
- isolamento dagli altri e dai social
- controllo eccessivo e richiesta di password, ricatti emotivi,
- gelosia ossessiva, possessiva e paranoide, che costruisce realtà inesistenti
rabbia, minacce e violenze verbali a fronte di sospetti seppur irreali
- punizione col silenzio


          

VIOLENZA PSICOLOGICA TRA ADOLESCENTI

La violenza psicologica all’interno delle coppie di adolescenti è un fenomeno in forte crescita e sono i primi comportamenti che possono sfociare in violenza e anche nell’omicidio.
I primi segnali, sono individuabili già a partire dalle scuole medie, nella fascia tra gli 11 e i 13 anni d’età, in cui quasi 1 preadolescente su 10 dichiara di avere un fidanzato particolarmente possessivo, tendenza presente soprattutto nei maschi. L’indagine è stata condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione composto da circa 8.000 adolescenti sul territorio nazionale.
Tra i 14 e i 19 anni, circa 1 adolescente su 10 racconta di avere o di aver avuto paura del proprio partner, il 4% di essere stato aggredito fisicamente.
Il 16% è stato obbligato a cancellare amici/amiche sui social, a causa della gelosia morbosa, ossessiva e paranoide del partner Facebook.
Il 6% è stato costretti a dare al proprio fidanzato/a la password dei vari profili social, per poter essere controllati in tutte le loro attività.

La violenza psicologica nelle coppie di adolescenti è un fenomeno estremamente grave e preoccupante, perché è indice del disagio emotivo giovanile e può avere esisti negativi, sia a breve termine, che nel lungo, distruggendo l’autostima delle vittime, che molto spesso e troppo presto si sentono intrappolati in una relazione che genera profondo stress, soprattutto quando (il 6% dei casi), l'altro minacci il suicidio in caso venga lasciato.
I problemi più grandi sono l'inscurezza e la dipendenza affettiva, che fanno accettare certi meccanismi malsani e non permetteno di comprendere che le dinamiche instauratesi nella coppia non sono affatto “normali”, atteggiamenti che, nel corso degli anni, si possono rafforzare sempre di pìù, fino a diventare le basi della violenza domestica o dell’omicidio.

Questi comportamenti adolescenziali sono il terreno fertile per il femminicidio e per la violenza domestica e se fin da piccoli sono così possessivi e prevaricatori, come vogliamo che crescano?”, sostiene la dott.ssa Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza.

Ai disagi emotivi degli adolescenti, molto probabilmente causati da un attaccamento insicuro con le figure genitoriali, ovvero dal bisogno di rispristinare la sicurezza emotiva attraverso il controllo, attivo o passivo, si somma il fatto che la realtà virtuale condiziona l’evoluzione psicosociale dei ragazzi. Il continuo bisogno di essere visti ed accettati, può facilmente sconfinare nel narcisismo patologico.
SCIOCCANTE L'EFFETTO DEI SELFIE SUL NARCISISMO
In uno studio dell’Università Swansea in collaborazione, con l’Università di Milano, i ricercatori hanno dimostrato l'effetto dei selfie nei cambiamenti di personalità, in senso narcisistico. Nei partecipanti allo studio  (74 individui dai 18 ai 34) si è osservato un incremento del 25% dei tratti narcisistici, che ha portato molti di loro a superare il cut-off clinico per il Disturbo Narcisistico di Personalità (Reed, Bircek, Osborne, Viganò, & Truzoli, 2018). Un tratto assai frequente nel nostro contesto socioculturale, ma soprattutto nella violenza in generale e nella violenza psicologica e/o nella violenza verso le donne, in cui si collude con dinamiche di dipendenza affettiva.



VIOLENZA PSICOLOGICA, GASLIGHTING

Come abbiamo già visto, la violenza si può agire sul piano psicologico in diversi modi (bullismo, hating, trolling, sex tortion, stalking), non per questo meno violenti di quello fisico. Anzi nella prima fase della collusione narcisistica entra in gioco una manipolazione molto subdola e soprattutto facile da innescare, con chiunque, soprattutto con chi è piuttosto insicuro o fragile o sensibile. Essa è difficilmente ravvedibile come tale perchè molto piacevole ed appagante e per questo è chiamata di "love bombing". Una fase di fascinazione affettiva in cui il narcisista tende a creare una dipendenza emotiva da parte della vittima che, nella fase successiva di gasliting, più facilmente negherà o sminuirà gli avvenimenti, persino a sè stessa.
La manipolazione psicologica, proprio perché più subdola, è più difficile da contrastare e profondamente invalidante, perchè mettono in discussione il diritto e la capacità di esistere, come individui.

L’avvocato Rosa Petruccelli, sensibile al tema del narcisimo, si è fatta promotrice, tramite “La fabbrica del pensiero creativo”, di convegni e dello spettacolo teatrale “Al di là dell’amore”, incentrati sul narcisismo patologico ritenendo che:
«Nell’affrontare l’analisi del fenomeno del narcisismo è importante descrivere in maniera dettagliata in cosa consiste il comportamento manipolatorio che la vittima subisce e che nell’ipotesi di ribellione di quest’ultima può sfociare in stalking e femminicidio da parte del perverso manipolatore».

Nel narcisismo, la violenza psicologica  viene attuata attraverso un insieme di condotte manipolatorie che investono, oltre alla sessualità, anche la comunicazione. Il narcisista teme l’intimità, il legame e la relazione e per questo non vuole comunicare con la vittima, ma anzi ostacolare lo scambio, ponendo in essere comunicazioni contraddittorie, paradossali o surreali, spesso tese anche ad isolare la vittima dagli altri. Il gaslighting oltre che nei rapporti di coppia, si può manifestare anche in ambiti familiari o amicali, senza distinzione di classe sociale o di livello culturale.

Come abbiamo già visto per la sessualità, la vittima si ritrova così in una condizione di sottomissione, di inferiorità, di controllo, di manipolazione, di confusione ed isolamento, che la rendono ancora più insicura ed un oggetto nelle mani dell’altro. Si tratta di un fenomeno molto diffuso ed ampiamente sottovalutato che si definisce gaslighting.
Questo nome deriva da “gas light” (trad. lett. illuminazione a gas), in relazione al film, del 1944, dal titolo Gaslight (in italiano conosciuto come “Angoscia”), interpretato da Ingrid Bergam, in cui un marito agiva in modo da rendere la moglie titubante delle proprie capacità mentali. La vittima non riesce a percepirlo né ad incolpare il marito poiché ha bisogno del suo amore e di mantenere nella sua mente l’immagine ideale che si è costruita di lui.
Il gaslighting è molto frequente nei casi di relazioni caratterizzate da una forte dipendenza affettiva, in cui si arriva a negare l’evidenza pur di mantenere il rapporto, di fatto alimentando la percezione del narcisista, di avere ragione.
La vittima pur di evitare l’abbandono preferisce negare la realtà, finchè il processo di violenza psicologica non diventa eccessivo e la consapevolezza emerge. Anche in questo caso tuttavia, può prevalere il timore di una esplosione emotiva da parte dell’altro. Quando la violenza psicologica raggiunge il limite e la vittima esce dalla relazione patologica, il persecutore perdendo la sua fonte di approvvigionamento energetico, tenta la riconciliazione, attuando spesso azioni di stalking e di minacce, che non di rado, purtroppo, si concretizzano in femminicidi.

BIBLIOGRAFIA

Baldoni Franco (2005) Aggressività, comportamento antisociale e attaccamento University of Bologna
Dalai Lama e Goleman D. (2003), Emozioni distruttive, Milano, Mondadori.
David-Ferdon, C., e Hertz, M. F. (2007). Electronic Media, Violence, and Adolescents: An Emerging Public Health Problem. Journal of Adolescent Health, 41(6), S1–S5.
Phil Reed, Nazli, Bircek, Lisa A,Osborne, Caterina Viganò, Roberto Truzoli, 2018. Visual Social Media Use Moderates the Relationship between Initial Problematic Internet Use and Later Narcissism. Open Psychology Journal

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