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FAMIGLIA DISFUNZIONALE, DISAGIO EMOTIVO E OMICIDI IN FAMIGLIA

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Patrick Cavazza, Benno Neumair, Elena Gioia, Marco Eletti, presunti o confermati parricidi degli ultimi anni, cosa potrebbero avere in comune con Doretta Graneris, Paolo Maso, Ferdinando Carretta, Erika De Nardo, che in anni precedenti hanno compiuto altri omicidi in famiglia, e con altri comportamenti disfunzionali, come 
il bisogno di controllo ela mancanza di empatia e di valori? Cosa si può fare qualcosa per prevenire?

FAMIGLIA DISFUNZIONALE

Cosa può spingere un figlio, a togliere la vita a chi gliel'ha data, con efferratezza, talvolta con grande lucidità, freddezza e premeditazione?
Spesso dalle perizie agli atti dei crimini verso la propria famiglia, si evince che i delitti non siano ascrivibili a patologie mentali, ma piuttosto a disturbi disfunzionali a livello delle emozioni.

Disfunzionale significato psicologico è "non funzionante".
Parlando di famiglia disfunzionale possiamo dunque intendere quel tipo di famiglia che non riesce a mettere in atto le funzioni tipiche della famiglia, tra cui, in primis, quelle affettive ed emotive. Infatti, il cucciolo di tutti i mammiferi ha necessità di cura emotiva e fisica, pena la sopravvivenza, e ciò è particolamente rilevante, anche in termini di estensione temporale, per gli esseri umani.
Quando abbiamo a che fare con disfunzioni emotive, le emozioni possono non svolgere adeguatamente le loro funzioni. Possono risultare anestetizzate in alcuni casi (narcisismo) o ipertrofici in altri casi (dipendenza) o alternati tra essi.

In questo articolo faccio spesso riferimento alla eccellente tesi di dottorato della dottoressa Mara Massai, della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, in merito alla famiglia come grembo del crimine.

La Dottoressa Mara Massai afferma“Sono i più recenti studi criminologici a porre in evidenza, attraverso l’anamnesi e la comparazione di criminali che si erano macchiati dello stesso tipo di reato, come molti reati particolarmente violenti ed efferati abbiano la loro fonte in un irrisolto conflitto familiare, mentre è statisticamente rilevante il fenomeno che gli americani chiamano della broken home, cioè della famiglia spezzata, disgregata, non solida come punto di riferimento ed anaffettiva”. “In generale viene rilevata la presenza di rapporti quanto meno perturbati  tra padri e ragazzi delinquenti, ovvero di un conflitto col genitore dello stesso sesso, che può rinnovare la ferita da tradimento e la maschera del controllore narcisista ed anaffettivo.




DEPRIVAZIONE AFFETTIVA E DISFUNZIONI RELAZIONALI

Voglio partire proprio dalla affermazione della Massai circa la famiglia disfunzionale “non solida come punto di riferimento ed anaffettiva”

La famiglia è la culla dove vengono appresi i valori e le emozioni, non solo tramite l'insegnamento, ma soprattutto tramite interazione, l'esperienza diretta e l'attivazione dei neuroni specchio, ovvero dell'apprendimento imitativo. Il bambino ha bisogno innato di essere accettato dalla famiglia e dalla comunità per sopravvivere  e di conseguenza abbisogna di quegli elementi che ne costituiranno i valori e le regole di funzionamento.

Quando il bambino è in seno ad una famiglia che gli offre sicurezza e sa trasmettergli valori, ha una base solida per la curiosità, l’esplorazione, l'esperienza e l'emotività. Invece, più il terreno su cui il bambino deve muoversi è instabile, che sia per questioni emotive e/o per questioni valoriali e/o materiali, più insicurezza, rabbia, ansia e paura saranno presenti e più il grado di attaccamento e di empatia saranno fallaci.

Quando i valori sono presenti, c'è autocontrollo, anche si può diventare particolarmente rigidi.

Quando i valori sono assenti, l'anomia, ovvero l'assenza di regole può portare a dire “Me ne frego di tutto, di tutti o delle regole, faccio come voglio io!”. Si può finire col rivendicare i propri pseudo diritti, dietro la convinzione “Io sono ok, tu non sei ok” “Io, ho il diritto di fare ciò che voglio e chi mi ostacola, lo elimino!”. E purtroppo, l'affrancamento dal controllo familiare, si può tradurre nello sterminio della famiglia e l'omicidio diventare la soluzione più facile.

Quando ci si sente rifiutati, si cova risentimento, si finisce col chiudersi alle emozioni e con lo sviluppare una forte autonomia e rigidità,però basata su forti valori il cui ottemperamento permette di sentirsi “perfetti” e quindi accettati.

Se il genitore è affettuoso, ma talvolta assente, il bambino si sente invece abbandonato o tradito, sviluppa ansia da separazione e fa di tutto per impedire la separazione, con comportamenti atti a riportare l'attenzione su di sé e ripristinare il contatto. Questi comportamenti di controllo e manipolazione, potranno direzionarsi su due vie, l'una della dipendenza affettiva, l'altra della manipolazione narcisistica. In entrambi i casi il bambino è molto sensibile e dipendente dall'esterno ed il suo umore ne è strettamente conseguente, quindi fa di tutto per stare al centro dell'attenzione e sarà bassa la tolleranza alla frustrazioneIl sé è l'unico valore importante.

Nel caso della dipendenza affettiva, il bambino vive di più la ferita dell'abbandono da parte del genitore di sesso opposto ed avrà un atteggiamento vittimistico e di dipendenza dagli altri. L'emotività può essere ipertrofica, esagerata, ma non si esclude la mancanza di empatia, infatti gli altri e l'affettazione esagerata sono solo uno strumento di manipolazione, per sentirsi accettati, ovvero non abbandonati. La frase che meglio lo rappresenta è “io non sono ok, tu sei ok”.

Nel caso della manipolazione narcisistica, il bambino vivrà di più la ferita del tradimento, da parte del genitore dello stesso sesso, ed avrà un atteggiamento di rivalsa teso a dimostrare la sua importanza ed ottenere l'approvazione cui ambisce. La frase che meglio lo rappresenta è “io sono ok, tu non sei ok”. In questo delirio narcisistico, gli altri sono solo strumenti di alimentazione del proprio ego ed è pressochè mancante l'empatia ed il senso etico.

Quando a creare la ferita prevalente è il genitore di sesso opposto, si può originare un senso di abbandono ed un bisogno di dipendenze.
Quando a creare la ferita prevalente è il genitore dello stesso sesso, si origina invece un senso di tradimento ed un bisogno di ipercontrollare.

In sintesi, mentre nel caso dell'assenza del genitore e dell'affettuosità si crea un forte senso di rifiuto, una alta tolleranza alla frustrazione ed una forte rigidità valoriale, nel vuoto interiore dato dall'assenza del caregiver affettuoso, la frustrazione è più difficile da tollerare e le dinamiche difensive sono finalizzate alla compensazione esterna e si palesa in un caso, come esplicitamente di controllo narcisistico, mentre nell'altro, di sottomissione vittimistica e dipendenza affettiva. Lise Bourbeau afferma che queste due ferite sono spesso tra loro associate, quindi chi ha la prima, ha anche la seconda. E' altresì consueto che queste maschere difensive siano tra loro collusive, ovvero inconsciamente giocate ed alimentate reciprocamente tra i due attori. Infatti, il termine collusione deriva dal latino cum ludere, che significa giocare insieme.

A questo punto proviamo a tracciare un file rouge tra le perizie di alcuni efferati crimini del passato e quelli più attuali. Precisando sin d'ora che le carattersistiche comuni che possono emergere, possono essere attribuite, in altre misure e sfumature, a chiunque e questo non significa assultamente essere potenziali criminali o persone disumane o individui pericolosi e nemmeno indurre esagerato allarmismo. Il mio intento, con questo articolo, è quello di porre l'attenzione su ciò che potrebbe invece prevenire l'insorgenza di disagi e disfunzionalità e ancor più, migliorare la vita relazionale di chiunque e soprattutto delle generazioni future.





FERITA DELL'ABBANDONO E MASCHERA DELLA DIPENDENZA

Marco Eletti, che il 24 aprile 2021 compie il parricidio e tenta il matricidio, a guardarlo fisicamente, mi sembra un insicuro, con ferita dell'abbandono da parte della madre e forte dipendenza affettiva. Qualcuno potrà pensare a un nuovo lombrosianesimo, tuttavia, le 5 ferite di Lise Bourbeau, cui sto facendo riferimento, non sono affatto nulla di nuovo, sono già state studiate da Wilhelm Reich ed il suo allievo Alexander Lowen e non si riferiscono solo alla corazza corporea, ma a anche ai processi bioenergetici che la sostengono ed agli schemi comportamentali difensivi e bisogni (in questo caso orali) non appagati.

Mi colpiscono di Marco Eletti alcune cose.
Nella sua presentazione alla partecipazione alla trasmissione “l'eredità”, su rai 1, egli si appresta a definire il suo impiego come tecnico di “grande responsabilità”, quasi a volersi dare importanza. Inoltre, trovo strano trovare la sua biografia su wikipedia. Non mi sembra così noto da giustificarne la presenza su una enciclopedia, seppur online. Certo è che chiunque può crearvi una voce o una biografia, persino su se stessi, seppur non credo sia etico (o almeno non lo è per me).
Ancora più macchiavellica mi appare la dinamica dei fatti. Uccisione del padre con delle martellate alla testa e tentato omicidio della madre, tagliandole i polsi. La madre viene trovata con il coltello tra le mani. Sembra dunque che vi sia un tentativo di far passare la madre come l'autrice pentita dell'omicidio del marito, che poi si toglie la vita. La madre dunque, sembra la destinataria dell'accanimento peggiore, non solo destinataria di morte (che fortunatamente non è sopraggiunta), ma anche dell'onta di presunta assassina e di susseguente suicida. Perchè proprio la madre e non il padre? Forse perchè la ferita dell'abbandono nasce proprio da un sentore di abbandono da parte del genitore di sesso opposto (la madre, in questo caso)?


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Anche Alessandro Leon Asoli, il 19enne che, il 18 aprile 2021, compie un parricidio con il veleno e tenta invano quello della madre, col veleno stesso e poi cercando di strangolarla.
Alessandro Leon Asoli viene descritto, come
in conflitto con la madre, forse come Marco Eletti ed Erika De Nardo. Anche Marco Eletti un probabile conflitto col genitore di sesso opposto e quindi ferita dell'abbandono e maschera del dipendente, mentre nel caso di Erika, il conflitto con la madre, può creare una ferita da tradimento e maschera del narcisista.

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Antonio De Marco, 21enne, invece, non uccide i genitori, ma con “spietata efferatezza, malvagia e inumana crudeltà” uccide una coppia di giovani coinquilini, che forse considera come una famiglia, a settembre 2020. Lo cito perchè mi colpisce quanto detto della brava criminologa Dott.ssa Bruzzone, la quale lo definisce impligliato in una  “una sorta di abbandono”, “Antonio De Marco si è sentito probabilmente messo da parte, umiliato, rifiutato, abbandonato e ha iniziato a covare un risentimento via via sempre più profondo. Quando gli viene chiesto di restituire le chiavi di casa, lui inizia a progettare la sua vendetta“ “Sicuramente nella personalità di De Marco c’è un nucleo che  non riesce a elaborare la frustrazione
da trasformarlo in una macchina assassina”.

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Una paura dell'abbandono e della solitudine, che accompagna sempre Paolo Pasimeni, 23enne, da dopo la morte improvvisa dell'amatissima madre a nove anni, di cui parla egli stesso direttamente, in un video di Toscani. Pasimeni, nel 2001, compie il parricidio in un raptus di paura, quindi senso di colpa e inadeguatezza (“io non sono ok” di chi ha la maschera della dipendenza e ferita dell'abbandono) per aver falsificato il voto di un esame universitario.

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Una ferita da abbandono molto probabile anche in Igor, 28 anni, che nel 2016 compie l'omicidio dei genitori adottivi. Un bambino adottato in qualche istituto bielorusso, che però non ha indotto l'altro ragazzo bielorusso adottato dalla famiglia ad avere comportamenti criminosi a dimostrazione che non è una regola fortunatamente.

Tutti noi abbiamo delle ferite emotive, ma non tutti abbiamo disagio emotivo tale da indurci a comportamenti disfunzionali o compiamo omicidi in famiglia.
Il vuoto dentro, la deprivazione affettiva, la mancanza di valori, la mancanza di empatia o la dipendenza affettiva o da sostanze, sono fattori che non costituiscono un elemento eccezionale. Si ripropongono con frequenza ripetuta a vari livelli e con diverse sfumature. Da soli, non rappresentano, certo, una sufficiente motivazione per la messa in atto di comportamenti omicidiari, ma possono concorrere ad una disfunzionalità relazionale ed affettiva che può avere pesanti conseguenze.




FERITA DEL TRADIMENTO E MASCHERA DEL CONTROLLORE NARCISISTA

Pietro Maso, nel 1991, insieme a tre complici, uccise i suoi genitori, per intascarne l’eredità. Il denaro è un mezzo per apparire ed è già in sé un movente narcisistico.
Secondo il perito Vittorino Andreoli, infatti, Pietro Maso è affetto da 
disturbo narcisistico della personalità, di grado lieve medio, con alterazioni del giudizio etico sostenute dall’ambiente familiare e sociale in cui ha vissuto”. Per lui “i genitori esistevano, non come principio di autorità, ma come oggetto, un piccolo salvadanaio da cui poteva trarre quanto gli è servito”.
Carbognin, il complice, invece, è affetto da un “disturbo dipendente di personalità, di grado lieve, fondato sul legame che egli ha stabilito con Pietro Maso”

Nel disturbo narcisistico, spesso si rinviene una ferita da tradimento dal genitore dello stesso sesso, sul quale si erano spostate le attenzioni, dopo la delusione dal genitore dell'altro sesso. La maschera che si sviluppa è quella del controllore e la caratteristica fondamentale del narcisista è certamente quella della anaffettività e mancanza totale di empatia. Un quadro cognitivo in cui “gli altri non sono ok”, mentre “io sono ok”!

“La presenza attiva di ipercontrollo agito sulle manifestazioni emotive e comportamentali” viene periziata anche da V. Andreoli, che lo descrive come un soggetto “ipersensibile al giudizio degli altri , che manca di empatiaMaso percepisce solo se stesso; gli altri sono una realtà soltanto in quanto entrano in rapporto con lui”

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Nel 2001, Mauro Favaro, detto Omar, con la fidanzata Erika, compie la strage della madre e del fratellino di lei, mentre ella “glaciale e spietata, impreca, bestemmia, rassicura l’altro, padrona com’è, si presume, della situazione” rivelandone l’incapacità “di cogliere il disvalore del delitto”I periti definiscono i meccanismi difensivi di Erika come “superficiale corazza narcisistica, aggiungendo che Erika sarebbe cresciuta “con un padre complessivamente distante e con una madre apparentemente forte ma, in realtà depressa, al punto da risultare estranea emotivamente, per la figlia, che, ancora bambina, avrebbe patito ella pure di depressione”.

L' avv. Zaccone, difensore di Erika, fa emergere la rivalità da parte di Erika nei confronti della madre” 
Il quadro diagnostico dunque rileva forme di deprivazione affettiva, derivante dal conflitto/tradimento da parte del genitore dello stesso sesso, che si traduce in una maschera difensiva da controllore narcisista (Erika), che si nutre della dipendenza affettiva di Omar, che sembra totalmente plagiato da lei.

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Ultimo, Benno Neumair, 30enne, evidente narcisista, come lo zio stesso lo descrive: Non è spontaneo. Personalità manipolatoria”, con grande bisogno di controllo,
che a gennaio 2021, uccide entrambi i genitori.

Benno Neumair aveva ricevuto in Germania la diagnosi di schizofrenia paranoide, mentre in Italia di bipolarismo e sembra che siano stati diversi gli episodi al limite del delirio persecutorio. Il disagio narcisistico infatti deriva da un bisogno esagerato di controllo. Un controllo che ovviamente parte dalla mente e che si accompagna alla chiusura del cuore. Questo ipercontrollo mentale, come è noto in psicologia, può originare comportamenti ossessivo compulsivi e/o paranoici, in cui si perde la lucidità e l'autocontrollo. E questo è ciò che conferma sempre lo zio, descrivendo tratti comportamentali tendenti alla perdita del controllo.

Anche in questa situazione emergono dinamiche relazionali, sentimenti e comportamenti disfunzionali. In primis la copresenza di 3 donne nella vita di Benno, che fanno presupporre un disagio emotivo ed una povertà emotiva e relazionale, dissimulata e manipolata. Ma ciò che appare ancora più strano in apparenza, ma “normale” in una ottica collusiva, è il fatto che queste donne siano state inconsapevolmente coinvolte da Benno nei misfatti e sembrano assecondarlo o esserne soggiogate (o dipendenti affettivamente), al punto che una delle 3 gli lava i vestiti, l'altra gli pulisce minuziosamente le fughe delle piastrelle di casa, mentre la terza lo ospita in casa, nei 10 giorni antecedenti la carcerazione, dopo che gli indizi si erano già concentrati su di lui e dopo che, notoriamente, egli aveva passato la notte prima dell'omicidio con una delle 3 e i giorni successivi con l'altra. Tutte e tre senza il minimo sentore o dubbio circa il suo operato o forse anch'esse senza valori?

Mi colpisce il fatto che, nei giorni precedenti l'omicidio in famiglia, Benno avesse addirittura chiesto ai genitori di poter dormire nella loro camera, come un assassino che cerca l'occasione giusta o come un bambino in cerca di affetto?

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La dottoressa Massai, nella sua tesi di dottorato, riporta l'analisi grafologica di Erika De Nardo e Pietro Maso, da parte del dott. A. Bravo, il quale indica “una situazione di distacco tra i figli ed i genitori, un’incomprensione mai sciolta, anzi esageratamente deformata nella mente dei due soggetti, fino a ritenersi privati. Così, A. Bravo conferma, quanto espresso dagli altri periti, che Erika e Pietro appaiono come figli deprivati del senso emozionale ed affettivo e la loro calligrafia ne è sintomatica.

I soggetti che appartengono a queste periziate dinamiche comportamentali disfunzionali, sono dunque mossi da un narcisismo, caratterizzato da un egocentrismo patologico ed incapacità di amare”, con “superficialità spiccata in tutti i rapporti interpersonali”, mancanza d’introspezione, comportamento fondato “su pensieri fantastici spesso alimentati da alcool o droga”, vita sessuale “impersonale, promiscua e scarsamente integrata”.




RELAZIONI DISFUNZIONALI E COLLUSIVE

Di Doretta Graneris, nel 1975, si ricorda la dinamica di dipendenza affettiva dal fidanzato Guido Badini, probabilmente narcisista, incapace di tollerare la frustrazione dal fatto che le cose non andassero come lui voleva. A 19 anni, Doretta pianifica e compie, per mano del suo fidanzato 21enne, la strage dei propri genitori, del fratello e dei due nonni, assistendo impassibile alla carneficina. Fuori ad aspettarli, con un'auto rubata, Antonio D’Elia, 19 anni, pregiudicato per violenza carnale di gruppo.

Come emerge dagli atti: “Tutti quei soggetti, ad un esame attento, riveleranno i caratteri di una vera e propria assenza di un codice etico di comportamento.  Sono soggetti privi di riferimenti etici, in conflitto con il nucleo familiare. Il crimine è compiuto per ragioni apparentemente solo economiche.”
Guido viene definito quale “soggetto incapace di tollerare le frustrazioni e posticipare la gratificazione dei bisogni” egli agisce “secondo la legge del tutto e subito
", giocando sui “sentimenti e le emozioni di Doretta, certo che, pur di non perderlo, ella lo asseconderà in tutto”.

La mancanza di valori e di empatia, così come la violenza, possono essere tratti ascrivibili a profili narcisistici, che infatti si nutrono della dipendenza affettiva di chi ha la ferita dell'abbandono, come Doretta, che si nutre di quella attenzione, seppur condizionata dalla sottomissione.

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Dinamica di forte collusione e connivenza, anche tra Riccardo, 16enne e l'amico Manuel, a cui chiede, nel 2017, di uccidere i suoi genitori. Emerge dai fatti il rapporto ossessivo con Manuel, che ne era quasi succube.

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Simile dinamica della coppia collusiva Pietro Maso e l'amico complice Carbognin, nel genitoricidio del 1991.

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Connivenza e coppie collusive anche quella di Giovanni Limata e la fidanzata. Costui, 23enne, pregiudicato con problemi di dipendenza da droghe, progetta lo sterminio della intera famiglia, riuscendo ad attuare il l'omicidio del padre della fidanzata 18enne, Elena Gioia, dietro sua richiesta, ad aprile 2021. Lui forse il dipendente affettivamente, che già nel passato aveva tentato il suicidio dopo essere stato lasciato da una ex fidanzata, lei forse il controllore senza empatia, che pianifica e fa realizzare la strage?

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Potrebbe esserci una dinamica collusiva narcisista controllore e dipendente affettivamente, anche tra P. Cavazza, 17enne e la fidanzata 27enne, complice del parricidio compiuto a febbraio 2021?

La criminologia investigativa indaga, dunque, sul crimine violento e finisce per rivelare quei tratti di disagio emotivo e famiglia disfunzionale, che si riversano anche nelle relazioni coi partner o con gli amici, con dinamiche di iperdipendenza, come scrivono Bowlby e successivi, nella teoria dell'attaccamento.

All’origine dei comportamenti disfunzionali ed omicidiari, quando si esamina con attenzione, ci sembrano essere disagi emotivi e disturbi relazioni. Il comportamento antifamiliare e antisociale rimanda però, più che ad una eziogenesi patologica individuale, ad una disfunzione relazionale ed un attaccamento insicuro verso i genitori o caregiver, che diventa lo stile di attaccamento anche tra adulti.



PREVENZIONE DEI COMPORTAMENTI DISFUNZIONALI

La prevenzione è l’unico modo per far sì che situazioni di disagio non sfocino in comportamenti antisociali” (Massai).

La prevenzione può avvenire a 3 livelli:

  • la prevenzione terziaria agisce nel contesto della delinquenza conclamata ed è diretta ad impedire le recidive;

  • la prevenzione secondaria agisce nel contesto del disagio e della devianza ed è tesa a prevenire la delinquenza;

  • la prevenzione primaria agisce nella normalità della famiglia, riguarda tutta la popolazione ed è tesa a prevenire il disagio.

Purtroppo, troppo stesso ci si trova a commentare fatti di cronaca, quando è troppo tardi e per quanti tentativi si facciano di prevenire le recidive o la delinquenza, a mio parere è sempre troppo tardi.

Infatti, il carattere delle persone e delle relazioni si definisce nei primissimi anni di vita, talvolta persino nella pancia della madre. Pensiamo ad un figlio non desiderato o desiderato di sesso diverso rispetto a quello che ha. E' un bambino che prima di nascere già fa l'esperienza della ferita da rifiuto.

Noi pensiamo sempre al disagio, ai disturbi di personalità ed alla criminalità, come a qualcosa lontano da noi, che non ci possono accadere (come un po' anche la malattia) e non possono accadere ai nostri figli e sempre più tendiamo ad avere una genitorialità inconsapevole e superficiale

Inoltre, sempre più spesso, si creano rapporti genitori-figli simmetrici, in cui non sono definiti i ruoli e volontariamente si lasciano “liberi” i figli, senza valori e/o regole. 

E' la liquidità il nuovo valore che sta uccidendo la cività.
Invece, l'equilibrio di un bambino è molto delicato e facilmente influenzabile dall'atteggiamento del genitore, la cui presenza costante e regolatrice è fondamentale. Per tanto, la prevenzione va fatta prima ancora che si diventi genitori, al fine di rendere consapevoli i genitori delle conseguenze possibili dei loro comportamenti, soprattuttonei primi 7 anni di vita, quando i bambini fanno esperienza del mondo e ne registrano le regole. 

Lorenz tra le ragioni che rischiano di annientare la nostra civiltà identifica: "l’estinguersi dei setimenti e una crescente intolleranza verso tutto ciò che provoca dolore".

Facendo una summa di quanto sin'ora abbiamo trattato, possiamo considerare il comportamento criminale come un comportamento teso ad arrecare danno a qualcuno, nella fattispecie concreta, qui abbiamo parlato di genitori, di coloro che hanno dato la vita. Nel comportamento criminoso dunque, abbiamo

un connotato di asocialità, ovvero di mancanza di empatia e di valori.

Questa mancanza di empatia e/o di valori, abbiamo visto, nasce da un senso di deprivazione provato dal bambino, nei primissimi anni di vita, che rende insicuro l'attaccamento col genitore e induce ad attuare comportamenti di controllo mentale  

e di ripristino di condizioni di apparente sicurezza. Questi comportamenti sono egocentrici ed escludono l'importanza di qualsiasi altra persona diversa da sé.

Il quadro che si delinea è talvolta di totale dipendenza affettiva, altre di narcisimo manipolatorio, altre di connivenza e collusione relazionale, tra questi due disagi emotivi. Talvolta è di esagerazione emotiva, altre di anaffettività. In ogni caso c'è una grande sensibilità/dipendenza dall'esterno ed una bassissima tolleranza alla frustrazione.

La logica preventiva dunque è lapalissiana.

Se il crimine nasce dalla asocialità e dalla mancanza di empatia, se vogliamo prevenire il crimine dobbiamo aumentare la capacità empatica dei bambini e degli adulti.
Se la capacità empatica nasce dallo stile di attaccamento con i genitori e soprattutto con la madre, facciamo in modo tale che questo attaccamento sia sicuro e possa favorire l'empatia.

Come? Con la presenza costante e l'accudimento sia fisico che emotivo, per i primi anni di vita. Ricordiamo che la presenza attiva i neuroni specchio. Ricordiamo che l'empatia, è stato dimostrato, è correlata alla capacità riflessiva e che gli adulti capaci di parlare delle proprie emozioni, hanno maggiori probabilità di avere dei figli con uno stile di attaccamento sicuro. Quindi la presenza è fondamentale ed essa non può essere altalenante, perchè è proprio l'assenza, in particolare della madre, alternata alla presenza, che crea forte ansietà e dipendenza dal bisogno di mantenere questa prossimità.

Ma i bambini apprendono tanto anche imitando i propri genitori, per questo è fondamentale imparare, all'interno della coppia, ad avere relazioni basate sulla intelligenza emotiva e sulla empatia, nonchè a favorire il benessere individuale e di coppia, che inevitabilmente contribuisce a creare un clima di serenità.

GENITORIALITA' CONSAPEVOLE

In primis dunque, genitorialità consapevole

In una ottica preventiva, il ruolo genitoriale è fondamentale per la comunità. Se informati e al bisogno sostenuti da operatori qualificati, essi possono essere una risorsa per se stessi , i figli e gli altri, anche nell'ottica che i figli saranno gli adulti e genitori di domani.

I futuri genitori devono sapere che il comportamento di un figlio può dipendere dal nutrimento affettivo e non solo fisico da quello fisico. I genitori devono sapere che una separazione, anche di qualche ora, per un bambino piccolo è un trauma a non deve essere affrontata con leggerezza.

Le madri dovrebbero dunque essere presenti il più possibile e dare contatto fisico ed emotivo, nei primi anni di vita. Questo non significa non poter lavorare, ma solo dedicare il tempo dovuto ad un figlio, quando si decide di metterlo al mondo. Certamente le istituzioni possono avere un ruolo importante nel non discriminare le donne in gravidanza e nel favorire un congedo post partum, che vada ben oltre i 3 mesi (minimo 3 anni, io direi) oppure nella creazione di nidi aziendali, in cui le madri che non possono rinunciare al lavoro possono entrare in contatto il più possibile coi figli. 

A tal fine penso che il Consultorio Familiare, istituito dalla legge per l'assistenza ed il sostegno al singolo, alla coppia e alla famiglia, come nucleo portante della comunità locale sia un servizio che può fornire un importante sostegno alla relazione mamma-bambino, nel primo anno di vita.

Ma è importante anche il modo in cui i genitori si rivolgono ai figli, quanto e come sono coscienti delle loro emozioni e quanto aiutino i loro figli a viverle. E certamente ha un grande valore anche la relazione che intercorre tra i genitori e dalla quale il bambino imparerà per imitazione. E' importante la capacità dei genitori di essere responsivi verso i figli, ma anche verso l'altro e verso se stessi. Via ibera, comunque alle emozioni, comprese quelle negative, che devono essere riconosciute nella loro funzione adattiva/costruttiva o distruttiva.

Allora la domanda viene spontanea. Nel momento in cui qualcuno legge quanto scrivo è probabile che sia già in età adulta. Si può imparare l'empatia da adulti o ancora meglio favorirla a scuola?
Io credo di sì. In ogni caso, che si tratti di adulti o di bambini, ciò di cui c'è bisogno, in primis sono la presenza costante ed il contatto sia emotivo, che fisico

A questo ultimo riguardo, ricordo che il contatto fisico stimola la produzione di ossicina, l'ormone del legame, ma anche della socialità.

Tra le capacità che aiutano a sviluppare empatia, un maggiore senso del sé e di responsività, vi sono abilità ed abitudini che si possono imparare con piccolissimi passi:

  • la consapevolezza delle proprie emozioni e dei propri bisogni,

  • la fiducia e capacità di chiedere,

  • la capacità di dare,

  • la comunicazionel'apprezzamento,

  • la gentilezza ed il perdono,

  • la capacità di lasciar andare il controllo,

  • la condivisione.






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