Patrick
Cavazza, Benno Neumair, Elena Gioia, Marco Eletti, presunti o
confermati parricidi
degli ultimi anni, cosa potrebbero avere in
comune con Doretta Graneris, Paolo Maso, Ferdinando Carretta, Erika
De Nardo, che in anni precedenti hanno compiuto altri omicidi in famiglia,
e con
altri comportamenti
disfunzionali, come il bisogno di
controllo ela mancanza di
empatia e di valori? Cosa
si può fare qualcosa per prevenire?
FAMIGLIA DISFUNZIONALE
Cosa
può spingere un figlio, a togliere la vita a chi gliel'ha
data, con
efferratezza, talvolta con grande lucidità, freddezza e
premeditazione?
Spesso
dalle perizie agli atti dei crimini verso la propria famiglia, si
evince che i delitti non siano ascrivibili a patologie mentali, ma
piuttosto a disturbi
disfunzionali a livello delle emozioni.
Disfunzionale significato
psicologico è "non funzionante".
Parlando di famiglia
disfunzionale possiamo dunque intendere quel tipo
di famiglia che non riesce a mettere in atto le funzioni tipiche della
famiglia, tra cui, in primis, quelle affettive ed emotive. Infatti, il
cucciolo di tutti i mammiferi ha necessità di cura emotiva e
fisica, pena la sopravvivenza, e ciò è
particolamente rilevante, anche in termini di estensione temporale, per
gli esseri umani.
Quando abbiamo a che fare con disfunzioni
emotive, le emozioni possono non svolgere adeguatamente le
loro funzioni. Possono risultare anestetizzate in alcuni casi
(narcisismo) o
ipertrofici in altri casi (dipendenza) o alternati tra essi.
In
questo articolo faccio spesso riferimento alla eccellente tesi di
dottorato della dottoressa Mara Massai, della Facoltà di
Scienze
Politiche dell'Università di Bologna, in merito alla
famiglia come
grembo del crimine.
La Dottoressa Mara
Massai afferma“Sono
i
più recenti studi
criminologici a porre in evidenza, attraverso l’anamnesi e la
comparazione di criminali che si erano macchiati dello stesso tipo di
reato, come molti reati particolarmente violenti ed efferati abbiano
la loro fonte in un irrisolto conflitto
familiare, mentre è
statisticamente rilevante il fenomeno che gli americani chiamano
della broken home,
cioè della famiglia spezzata, disgregata, non
solida come punto di riferimento ed anaffettiva”. “In
generale viene rilevata la presenza di rapporti
quanto meno
perturbati tra
padri e ragazzi delinquenti”,
ovvero
di un conflitto
col genitore dello stesso sesso, che può rinnovare la ferita
da tradimento e la
maschera del controllore
narcisista ed
anaffettivo.
DEPRIVAZIONE AFFETTIVA E
DISFUNZIONI RELAZIONALI
Voglio
partire proprio dalla affermazione della Massai circa la famiglia
disfunzionale “non solida
come punto di riferimento
ed anaffettiva”.
La
famiglia è la culla dove vengono
appresi i valori e le emozioni, non
solo tramite l'insegnamento, ma soprattutto tramite interazione,
l'esperienza diretta e
l'attivazione dei neuroni specchio, ovvero dell'apprendimento
imitativo.
Il bambino ha bisogno innato di essere accettato dalla
famiglia e dalla comunità per sopravvivere
e di conseguenza abbisogna di quegli elementi che ne costituiranno i
valori e le regole di funzionamento.
Quando
il bambino è in seno ad una famiglia che gli offre
sicurezza e
sa trasmettergli valori, ha una base solida per la
curiosità,
l’esplorazione, l'esperienza e l'emotività.
Invece, più il
terreno su cui il bambino deve muoversi è instabile, che sia
per
questioni emotive e/o per questioni valoriali e/o materiali,
più
insicurezza, rabbia, ansia e paura saranno presenti e più il
grado
di attaccamento e di empatia saranno fallaci.
Quando
i valori sono presenti, c'è autocontrollo, anche si
può diventare particolarmente rigidi.
Quando
i valori sono assenti, l'anomia, ovvero l'assenza di regole
può
portare a dire “Me ne frego di tutto, di tutti o delle
regole,
faccio come voglio io!”. Si può finire col
rivendicare i propri
pseudo diritti, dietro la convinzione “Io sono ok, tu non sei
ok” “Io, ho il diritto di fare ciò che
voglio e chi mi ostacola, lo
elimino!”. E purtroppo, l'affrancamento dal controllo
familiare, si
può tradurre nello sterminio della famiglia e l'omicidio
diventare
la soluzione più facile.
Quando ci si sente
rifiutati, si cova risentimento, si finisce col chiudersi alle emozioni
e
con lo sviluppare una forte autonomia e
rigidità,però
basata su
forti valori il cui ottemperamento permette di sentirsi
“perfetti”
e quindi accettati.
Se
il genitore è affettuoso, ma talvolta assente, il bambino si
sente
invece abbandonato o tradito, sviluppa ansia da separazione e fa di
tutto
per impedire la separazione, con comportamenti atti a riportare
l'attenzione su di sé e ripristinare il contatto. Questi
comportamenti di controllo e manipolazione, potranno direzionarsi su
due vie, l'una della dipendenza affettiva, l'altra della
manipolazione narcisistica. In entrambi i casi il bambino è
molto
sensibile e dipendente dall'esterno ed il suo umore ne è
strettamente conseguente, quindi fa di tutto per stare al centro
dell'attenzione e sarà bassa
la
tolleranza alla frustrazione. Il
sé è l'unico valore importante.
Nel
caso della dipendenza affettiva,
il bambino vive di più la ferita
dell'abbandono da parte del genitore di sesso opposto ed
avrà un
atteggiamento vittimistico e di dipendenza dagli altri.
L'emotività
può essere ipertrofica, esagerata, ma non si esclude la
mancanza di
empatia, infatti gli altri e l'affettazione esagerata sono solo uno
strumento di manipolazione, per sentirsi accettati, ovvero non
abbandonati. La frase che meglio lo rappresenta è
“io non sono ok,
tu sei ok”.
Nel
caso della manipolazione narcisistica,
il bambino vivrà di più la
ferita del tradimento, da parte del genitore dello stesso sesso, ed
avrà un atteggiamento di rivalsa
teso a
dimostrare la sua importanza ed ottenere l'approvazione cui ambisce.
La frase che meglio lo rappresenta è “io sono ok,
tu non sei ok”.
In questo delirio narcisistico, gli altri sono solo strumenti di
alimentazione del proprio ego ed è pressochè
mancante l'empatia ed
il senso etico.
Quando
a creare la ferita prevalente è il genitore di sesso
opposto, si
può originare un senso di abbandono ed un bisogno di
dipendenze.
Quando
a creare la ferita prevalente è il genitore dello stesso
sesso, si
origina invece un senso di tradimento ed un bisogno di
ipercontrollare.
In
sintesi, mentre nel caso dell'assenza del genitore e
dell'affettuosità si crea un forte senso di rifiuto, una
alta
tolleranza alla frustrazione ed una forte rigidità
valoriale, nel
vuoto interiore dato dall'assenza del caregiver affettuoso, la
frustrazione è più difficile da tollerare e le
dinamiche difensive
sono finalizzate alla compensazione esterna e si palesa in un caso,
come esplicitamente di controllo narcisistico, mentre nell'altro, di
sottomissione vittimistica e dipendenza affettiva. Lise Bourbeau
afferma che queste due ferite sono spesso tra loro associate, quindi
chi ha la prima, ha anche la seconda. E' altresì consueto
che queste
maschere difensive siano tra loro collusive, ovvero inconsciamente
giocate ed alimentate reciprocamente tra i due attori. Infatti, il
termine collusione deriva dal latino cum ludere, che significa
giocare insieme.
A
questo punto proviamo a tracciare un file rouge tra le perizie di
alcuni efferati crimini del passato e quelli più attuali.
Precisando
sin d'ora che le carattersistiche comuni che possono emergere,
possono essere attribuite, in altre misure e sfumature, a chiunque e
questo non significa assultamente essere potenziali criminali o
persone disumane o individui pericolosi e nemmeno indurre esagerato
allarmismo. Il mio intento, con questo articolo, è quello di
porre
l'attenzione su ciò che potrebbe invece prevenire
l'insorgenza di
disagi e disfunzionalità e ancor più, migliorare
la vita
relazionale di chiunque e soprattutto delle generazioni future.
FERITA DELL'ABBANDONO E
MASCHERA DELLA DIPENDENZA
Marco
Eletti, che il 24 aprile 2021 compie il parricidio e tenta
il matricidio,
a guardarlo fisicamente, mi sembra un insicuro, con ferita
dell'abbandono da parte della madre e
forte dipendenza
affettiva.
Qualcuno potrà pensare a un nuovo lombrosianesimo, tuttavia,
le 5
ferite di Lise Bourbeau, cui sto facendo riferimento, non sono
affatto nulla di nuovo, sono già state studiate da Wilhelm
Reich ed
il suo allievo Alexander Lowen e non si riferiscono solo alla corazza
corporea, ma a anche ai processi bioenergetici che la sostengono ed
agli schemi comportamentali difensivi e bisogni (in questo caso orali)
non
appagati.
Mi
colpiscono di Marco Eletti alcune cose.
Nella
sua presentazione alla partecipazione alla trasmissione
“l'eredità”,
su rai 1, egli si appresta a definire il suo impiego come
tecnico di “grande
responsabilità”, quasi a volersi
dare importanza. Inoltre, trovo strano trovare la sua biografia su
wikipedia. Non mi sembra così noto da giustificarne la
presenza su
una enciclopedia, seppur online. Certo è che chiunque
può crearvi
una voce o una biografia, persino su se stessi, seppur non credo sia
etico (o almeno non lo è per me).
Ancora
più macchiavellica mi appare la dinamica dei fatti.
Uccisione del
padre con delle martellate alla testa e tentato omicidio della madre,
tagliandole i polsi. La madre viene trovata con il coltello tra le
mani. Sembra dunque che vi sia un tentativo di far passare la madre
come l'autrice pentita dell'omicidio del marito, che poi si toglie la
vita. La madre dunque, sembra la destinataria dell'accanimento
peggiore, non solo destinataria di morte (che fortunatamente non
è
sopraggiunta), ma anche dell'onta di presunta assassina e di
susseguente suicida. Perchè proprio la madre e non il padre?
Forse
perchè la ferita dell'abbandono nasce proprio da un sentore
di
abbandono da parte del genitore di sesso opposto (la madre, in questo
caso)?
*****
Anche
Alessandro Leon Asoli, il 19enne che, il 18 aprile 2021, compie un parricidio con
il veleno e tenta invano quello della madre, col veleno
stesso e poi cercando di strangolarla.
Alessandro Leon Asoli viene descritto, come in
conflitto con la madre, forse come
Marco
Eletti ed Erika De Nardo. Anche Marco Eletti un probabile conflitto
col genitore di
sesso opposto e quindi ferita dell'abbandono e maschera del
dipendente, mentre nel caso di Erika, il conflitto con la madre,
può creare una ferita da tradimento e maschera del
narcisista.
*****
Antonio
De Marco, 21enne, invece, non uccide i genitori, ma con “spietata
efferatezza, malvagia e inumana crudeltà” uccide
una coppia di
giovani coinquilini, che forse considera come una famiglia, a
settembre 2020. Lo cito perchè mi colpisce quanto detto
della brava
criminologa Dott.ssa Bruzzone, la quale lo definisce impligliato in
una “una
sorta di abbandono”,
“Antonio
De Marco si è sentito probabilmente messo da parte,
umiliato, rifiutato, abbandonato
e
ha iniziato a covare un risentimento via via sempre più
profondo.
Quando gli viene chiesto di restituire le chiavi di casa, lui inizia
a progettare la sua vendetta“ “Sicuramente nella
personalità di
De Marco c’è un nucleo che non
riesce a elaborare la frustrazione,
da
trasformarlo in
una macchina assassina”.
*****
Una
paura dell'abbandono e della solitudine, che
accompagna
sempre Paolo
Pasimeni, 23enne, da dopo la morte improvvisa dell'amatissima madre a
nove anni, di cui parla egli stesso direttamente, in un video di
Toscani. Pasimeni, nel 2001, compie il parricidio in un
raptus di paura,
quindi senso di colpa e inadeguatezza (“io non sono
ok” di chi ha
la maschera della dipendenza e ferita dell'abbandono) per aver
falsificato il voto di un
esame universitario.
****
Una
ferita da abbandono molto probabile
anche in Igor, 28 anni,
che nel 2016
compie l'omicidio dei
genitori adottivi. Un bambino adottato in qualche istituto
bielorusso, che però non ha indotto l'altro ragazzo
bielorusso
adottato dalla famiglia ad avere comportamenti criminosi a
dimostrazione che non è una regola fortunatamente.
Tutti noi abbiamo
delle ferite emotive, ma non tutti abbiamo disagio emotivo tale
da indurci a comportamenti
disfunzionali o compiamo omicidi in famiglia.
Il
vuoto dentro, la deprivazione affettiva, la mancanza di valori, la
mancanza di empatia o la dipendenza affettiva o da sostanze, sono
fattori che non costituiscono un elemento eccezionale. Si
ripropongono con frequenza ripetuta a vari livelli e con diverse
sfumature. Da soli, non rappresentano, certo, una sufficiente
motivazione per la messa in atto di comportamenti omicidiari, ma
possono concorrere ad una disfunzionalità
relazionale ed
affettiva
che può avere pesanti conseguenze.
FERITA DEL TRADIMENTO E
MASCHERA DEL CONTROLLORE
NARCISISTA
Pietro
Maso, nel 1991, insieme a tre complici, uccise i suoi genitori, per
intascarne l’eredità. Il denaro è un
mezzo per apparire ed è già in sé un
movente narcisistico.
Secondo il perito Vittorino Andreoli, infatti, Pietro Maso è
affetto da ”disturbo
narcisistico della
personalità, di grado lieve medio, con alterazioni del
giudizio etico sostenute dall’ambiente familiare e sociale in
cui ha vissuto”. Per lui “i genitori esistevano,
non come principio di autorità, ma come oggetto, un piccolo
salvadanaio da cui poteva trarre quanto gli è
servito”.
Carbognin, il complice, invece, è affetto da un
“disturbo dipendente
di personalità, di grado lieve, fondato sul legame che egli
ha stabilito con Pietro Maso”
Nel
disturbo narcisistico, spesso si rinviene una ferita da tradimento
dal genitore dello stesso sesso, sul quale si erano spostate le
attenzioni, dopo la delusione dal genitore dell'altro sesso. La
maschera che si sviluppa è quella del controllore e la
caratteristica fondamentale del narcisista è certamente
quella della
anaffettività e mancanza totale di empatia. Un quadro
cognitivo in
cui “gli altri non sono ok”, mentre “io
sono ok”!
“La
presenza attiva di ipercontrollo agito sulle
manifestazioni emotive e comportamentali”
viene
periziata anche da V. Andreoli, che lo descrive come un soggetto
“ipersensibile al giudizio degli altri , che manca di empatia. Maso
percepisce solo se stesso; gli altri sono una realtà
soltanto in quanto entrano in rapporto con lui”
****
Nel
2001, Mauro Favaro, detto Omar, con la fidanzata Erika, compie la
strage della madre e del fratellino di lei, mentre ella “glaciale
e spietata, impreca, bestemmia, rassicura l’altro, padrona
com’è,
si presume, della situazione”
rivelandone l’incapacità “di
cogliere il disvalore del delitto”. I
periti definiscono i meccanismi difensivi di Erika come “superficiale
corazza narcisistica”, aggiungendo
che
Erika sarebbe cresciuta “con
un padre
complessivamente distante
e con una madre apparentemente
forte ma, in
realtà depressa, al
punto da risultare
estranea
emotivamente,
per
la figlia, che, ancora bambina, avrebbe patito ella pure di
depressione”.
L'
avv. Zaccone, difensore di Erika, fa emergere la “rivalità
da
parte di Erika nei confronti della madre” .
Il
quadro diagnostico dunque rileva forme di deprivazione
affettiva, derivante dal conflitto/tradimento da parte del genitore
dello stesso sesso, che
si traduce in una maschera difensiva
da controllore narcisista
(Erika), che si nutre della dipendenza
affettiva di Omar, che sembra totalmente plagiato da lei.
****
Ultimo,
Benno Neumair, 30enne, evidente narcisista,
come lo zio stesso lo
descrive: “Non
è spontaneo. Personalità manipolatoria”, con
grande bisogno di controllo,
che
a gennaio 2021, uccide entrambi i
genitori.
Benno
Neumair aveva ricevuto in Germania la diagnosi di schizofrenia
paranoide, mentre in Italia di bipolarismo e sembra che siano stati
diversi gli episodi al limite del delirio persecutorio. Il disagio
narcisistico infatti deriva da un bisogno esagerato di controllo. Un
controllo che ovviamente parte dalla mente e che si
accompagna alla chiusura del cuore. Questo ipercontrollo mentale,
come è noto in psicologia, può originare
comportamenti ossessivo
compulsivi e/o paranoici, in cui si perde la lucidità e
l'autocontrollo. E questo è ciò che conferma
sempre lo zio,
descrivendo tratti comportamentali tendenti alla perdita del
controllo.
Anche
in questa situazione emergono
dinamiche relazionali,
sentimenti e comportamenti
disfunzionali. In primis la copresenza di 3 donne nella
vita di
Benno, che fanno presupporre un
disagio emotivo ed una povertà emotiva e
relazionale,
dissimulata e manipolata. Ma ciò che
appare
ancora più strano in apparenza, ma
“normale” in una ottica
collusiva, è il fatto che queste donne siano state
inconsapevolmente
coinvolte da Benno nei misfatti e sembrano assecondarlo o esserne
soggiogate (o dipendenti affettivamente), al punto che una delle 3
gli lava i vestiti, l'altra gli pulisce minuziosamente le fughe delle
piastrelle di casa, mentre la terza lo ospita in casa, nei 10 giorni
antecedenti la carcerazione, dopo che gli indizi si erano
già
concentrati su di lui e dopo che, notoriamente, egli aveva passato la
notte prima dell'omicidio con una delle 3 e i giorni successivi con
l'altra. Tutte e tre senza il minimo sentore o dubbio circa il suo
operato o forse anch'esse senza valori?
Mi
colpisce il fatto che, nei giorni precedenti l'omicidio in famiglia,
Benno
avesse addirittura chiesto ai genitori di poter dormire nella loro
camera, come un assassino che cerca l'occasione giusta o come un
bambino in cerca di affetto?
****
La
dottoressa Massai, nella sua tesi di dottorato, riporta l'analisi
grafologica di Erika De Nardo e Pietro Maso, da parte del dott. A.
Bravo, il quale indica “una situazione di
distacco tra i figli ed i genitori, un’incomprensione mai
sciolta, anzi esageratamente deformata nella
mente dei due soggetti, fino a ritenersi privati”.
Così, A. Bravo conferma, quanto espresso dagli
altri periti,
che Erika e Pietro appaiono come figli deprivati del senso emozionale
ed
affettivo e la loro calligrafia ne è sintomatica.
I
soggetti che appartengono a queste periziate dinamiche
comportamentali disfunzionali, sono dunque mossi da un narcisismo,
caratterizzato da un “egocentrismo
patologico
ed
incapacità di amare”, con
“superficialità
spiccata in tutti i rapporti interpersonali”, mancanza
d’introspezione, comportamento fondato “su pensieri
fantastici
spesso alimentati da alcool o droga”, vita
sessuale “impersonale,
promiscua e scarsamente integrata”.
RELAZIONI
DISFUNZIONALI E COLLUSIVE
Di
Doretta Graneris, nel 1975, si ricorda la dinamica di dipendenza
affettiva dal
fidanzato Guido Badini, probabilmente narcisista, incapace
di
tollerare la frustrazione dal fatto che le cose
non andassero come
lui voleva. A
19 anni, Doretta pianifica e compie, per mano del suo fidanzato 21enne,
la
strage dei propri genitori, del fratello e dei due nonni, assistendo
impassibile alla carneficina. Fuori ad aspettarli, con un'auto
rubata, Antonio D’Elia, 19 anni, pregiudicato per violenza
carnale
di gruppo.
Come emerge dagli atti: “
Tutti
quei soggetti, ad un esame attento, riveleranno i caratteri di una vera
e propria assenza di un codice etico di
comportamento. Sono soggetti privi di riferimenti etici, in
conflitto con il nucleo familiare. Il crimine è compiuto per
ragioni apparentemente solo economiche.”
Guido viene definito quale “soggetto incapace di
tollerare le frustrazioni e posticipare la gratificazione
dei bisogni” egli agisce “secondo la legge del
tutto e subito",
giocando sui “sentimenti e le
emozioni di
Doretta, certo che, pur di non perderlo, ella lo asseconderà
in
tutto”.
La
mancanza di valori e di empatia, così come la
violenza,
possono
essere tratti ascrivibili a profili narcisistici, che infatti si
nutrono della dipendenza affettiva di chi ha la
ferita dell'abbandono, come Doretta, che si nutre di quella
attenzione, seppur condizionata dalla sottomissione.
****
Dinamica
di forte collusione e connivenza, anche tra
Riccardo, 16enne e
l'amico Manuel, a cui chiede, nel 2017, di uccidere i suoi genitori.
Emerge dai fatti il rapporto ossessivo con Manuel, che ne era quasi
succube.
*****
Simile dinamica
della coppia collusiva Pietro Maso e l'amico
complice Carbognin, nel genitoricidio
del 1991.
*****
Connivenza
e coppie collusive anche quella di Giovanni
Limata e la fidanzata.
Costui, 23enne, pregiudicato
con problemi di dipendenza da
droghe, progetta
lo sterminio della intera
famiglia, riuscendo ad attuare il l'omicidio del padre
della fidanzata 18enne, Elena
Gioia, dietro sua richiesta, ad aprile 2021. Lui forse il
dipendente
affettivamente, che già nel passato aveva
tentato il
suicidio dopo
essere stato lasciato da una ex fidanzata, lei forse il
controllore senza empatia,
che pianifica e fa realizzare la strage?
****
Potrebbe
esserci una dinamica collusiva
narcisista controllore e
dipendente
affettivamente, anche tra P. Cavazza, 17enne e la fidanzata
27enne,
complice del parricidio
compiuto a febbraio 2021?
La
criminologia investigativa indaga, dunque, sul crimine violento e
finisce per rivelare quei tratti di disagio
emotivo e famiglia disfunzionale, che si riversano anche
nelle relazioni coi partner o con gli amici, con dinamiche di
iperdipendenza, come scrivono Bowlby e successivi, nella teoria
dell'attaccamento.
All’origine
dei comportamenti
disfunzionali ed omicidiari, quando si esamina con
attenzione, ci sembrano essere disagi
emotivi e disturbi relazioni.
Il comportamento
antifamiliare e antisociale rimanda però,
più
che ad una
eziogenesi patologica individuale, ad una
disfunzione relazionale ed un
attaccamento insicuro verso i genitori o caregiver, che diventa lo
stile di attaccamento anche tra adulti.
PREVENZIONE DEI
COMPORTAMENTI DISFUNZIONALI
“La
prevenzione è l’unico modo per far sì
che situazioni di disagio
non sfocino in comportamenti antisociali” (Massai).
La
prevenzione può avvenire a 3 livelli:
-
la prevenzione
terziaria agisce nel contesto della delinquenza conclamata ed
è diretta ad impedire le recidive;
-
la prevenzione
secondaria agisce nel contesto del disagio e della devianza ed
è tesa a prevenire la delinquenza;
-
la prevenzione
primaria agisce nella normalità della famiglia, riguarda
tutta la popolazione ed è tesa a prevenire il disagio.
Purtroppo,
troppo stesso ci si trova a commentare fatti di cronaca, quando
è
troppo tardi e per quanti tentativi si facciano di prevenire le
recidive o la delinquenza, a mio parere è sempre troppo
tardi.
Infatti,
il carattere delle persone e delle relazioni si definisce nei
primissimi anni di vita, talvolta persino nella pancia della madre.
Pensiamo ad un figlio non desiderato o desiderato di sesso diverso
rispetto a quello che ha. E' un bambino che prima di nascere
già fa
l'esperienza della ferita da rifiuto.
Noi
pensiamo sempre al disagio, ai disturbi di personalità ed
alla
criminalità, come a qualcosa lontano da noi, che non ci
possono
accadere (come un po' anche la malattia) e non possono accadere ai
nostri figli e sempre più tendiamo ad avere una genitorialità
inconsapevole e superficiale.
Inoltre, sempre
più spesso, si creano
rapporti genitori-figli simmetrici,
in cui non sono
definiti i ruoli
e volontariamente si lasciano “liberi” i figli,
senza valori e/o
regole.
E'
la liquidità il nuovo valore che sta uccidendo la
cività.
Invece,
l'equilibrio di un bambino è molto
delicato e
facilmente influenzabile dall'atteggiamento del genitore, la cui presenza
costante e regolatrice è fondamentale. Per tanto,
la prevenzione va fatta prima ancora che si diventi genitori, al fine
di rendere consapevoli i genitori delle conseguenze possibili dei loro
comportamenti, soprattuttonei
primi 7 anni di vita, quando i bambini fanno esperienza del mondo e ne
registrano le regole.
Lorenz
tra le ragioni che rischiano di annientare la nostra civiltà
identifica: "l’estinguersi
dei setimenti e una crescente
intolleranza verso tutto ciò che provoca dolore".
Facendo
una summa di quanto sin'ora abbiamo trattato, possiamo considerare il
comportamento criminale come un comportamento teso ad arrecare danno
a qualcuno, nella fattispecie concreta, qui abbiamo parlato di
genitori, di coloro che hanno dato la vita. Nel comportamento criminoso
dunque, abbiamo
un connotato di asocialità, ovvero di mancanza di empatia e
di valori.
Questa mancanza di empatia e/o di valori, abbiamo visto, nasce da un
senso di deprivazione provato dal bambino, nei primissimi anni di vita,
che rende insicuro l'attaccamento col genitore e induce ad attuare
comportamenti di controllo mentale
e di ripristino di condizioni di apparente sicurezza. Questi
comportamenti sono egocentrici ed escludono l'importanza di qualsiasi
altra persona diversa da sé.
Il quadro che si delinea è talvolta di totale dipendenza
affettiva, altre di narcisimo manipolatorio, altre di connivenza e
collusione relazionale, tra questi due disagi emotivi.
Talvolta è di esagerazione emotiva, altre di
anaffettività. In ogni caso c'è una grande
sensibilità/dipendenza dall'esterno ed una bassissima
tolleranza alla frustrazione.
La logica preventiva dunque è lapalissiana.
Se il crimine nasce dalla asocialità
e dalla mancanza di empatia, se vogliamo
prevenire il crimine dobbiamo aumentare la capacità empatica
dei bambini e degli adulti.
Se la capacità empatica nasce dallo stile di attaccamento
con i genitori e soprattutto con la madre, facciamo in modo tale che
questo attaccamento sia sicuro e possa favorire l'empatia.
Come? Con la
presenza costante e l'accudimento sia fisico che emotivo, per i primi
anni di vita. Ricordiamo che
la presenza attiva i
neuroni specchio. Ricordiamo che l'empatia,
è
stato dimostrato, è correlata alla capacità
riflessiva e che gli
adulti capaci di parlare delle proprie emozioni, hanno maggiori
probabilità di avere dei figli con uno stile di attaccamento
sicuro. Quindi la presenza è fondamentale ed essa non
può essere altalenante, perchè è
proprio l'assenza, in particolare della madre, alternata alla presenza,
che crea forte ansietà e dipendenza dal bisogno di mantenere
questa prossimità.
Ma i bambini
apprendono tanto anche imitando i propri genitori, per questo
è fondamentale imparare, all'interno della
coppia, ad avere relazioni basate sulla intelligenza emotiva
e sulla empatia, nonchè a favorire il benessere individuale
e di coppia, che inevitabilmente contribuisce a creare un clima di
serenità.
GENITORIALITA'
CONSAPEVOLE
In
primis dunque, genitorialità
consapevole.
In una ottica
preventiva, il ruolo genitoriale è fondamentale per la
comunità. Se informati e al bisogno sostenuti da operatori
qualificati, essi possono essere una risorsa per se stessi , i figli e
gli altri, anche nell'ottica che i figli saranno gli adulti e genitori
di domani.
I futuri
genitori devono
sapere che il comportamento di un figlio può dipendere dal
nutrimento affettivo e non solo fisico da quello fisico. I genitori
devono sapere che una separazione, anche di qualche ora, per un
bambino piccolo è un trauma a non deve essere affrontata con
leggerezza.
Le
madri dovrebbero dunque essere presenti il più possibile e
dare
contatto fisico ed emotivo, nei primi anni di vita. Questo non
significa non poter lavorare, ma solo dedicare il tempo dovuto ad un
figlio, quando si decide di metterlo al mondo. Certamente le
istituzioni possono avere un ruolo importante nel non discriminare le
donne in gravidanza e nel favorire un congedo post partum, che vada
ben oltre i 3 mesi (minimo 3 anni, io direi) oppure nella creazione
di nidi aziendali, in cui le madri che non possono rinunciare al
lavoro possono entrare in contatto il più possibile coi
figli.
A
tal fine penso che il Consultorio Familiare, istituito dalla legge
per l'assistenza ed il sostegno al singolo, alla coppia e alla
famiglia, come nucleo portante della comunità locale sia un
servizio
che può fornire un importante sostegno
alla relazione mamma-bambino, nel primo anno di vita.
Ma
è importante anche il modo in cui i genitori si rivolgono ai
figli,
quanto e come sono coscienti
delle loro emozioni e
quanto aiutino i
loro figli a viverle. E certamente ha un grande valore anche
la
relazione che intercorre tra i genitori e dalla
quale il bambino
imparerà per imitazione. E' importante la
capacità dei genitori di
essere responsivi verso
i figli, ma anche verso
l'altro e verso se
stessi. Via ibera, comunque alle emozioni, comprese quelle negative,
che devono essere riconosciute nella loro funzione adattiva/costruttiva
o distruttiva.
Allora
la domanda viene spontanea. Nel momento in cui qualcuno legge quanto
scrivo è probabile che sia già in
età adulta. Si può imparare
l'empatia da adulti o ancora meglio favorirla a scuola?
Io
credo di sì. In ogni caso, che si tratti di adulti o di
bambini,
ciò di cui c'è bisogno, in primis sono
la presenza
costante ed il
contatto sia emotivo, che fisico.
A questo ultimo
riguardo, ricordo
che il contatto fisico stimola la produzione di ossicina, l'ormone
del legame, ma anche della socialità.
Tra le
capacità che aiutano a sviluppare empatia, un
maggiore senso
del sé e di responsività, vi sono
abilità ed abitudini che si
possono imparare con piccolissimi passi:
-
la consapevolezza
delle proprie emozioni e dei propri bisogni,
-
la fiducia e
capacità di chiedere,
-
la
capacità di dare,
-
la
comunicazionel'apprezzamento,
-
la gentilezza ed il
perdono,
-
la
capacità di lasciar andare il controllo,
-
la condivisione.
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