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INTERVISTE, ANGELA FLAMMINI COS'E' LA MENOPAUSA E LE 3 CONSEGUENZE SUL CERVELLO LA GELOSIA CHE UCCIDE MATERNITA' SURROGATA PRO E CONTRO PROFILO DI CHI FA VIOLENZA PSICOLOGICA RISCHI DELL'INSEGNAMENTO DEL GENDER CAUSE REALI DELLA VIOLENZA SULLE DONNE L' AMORE NON BASTA! SMETTILA DI RENDERLO INFELICE! -IL REGALO CHE FA LA DIFFERENZA -MANIPOLAZIONE SESSUALE -IO PROPRIO NON TI CAPISCO VOLERE NON E' POTERE  -QUANDO SI ARRIVA AL LITIGIO, E' TROPPO TA

RISCHI DELLA FLUIDITA'/LIQUIDITA': COMPORTAMENTI ANTISOCIALI

La società attuattuale sembra essere sempre più permeata dalla idea della desessualizzazione umana ed imperversano persone che issanno il vessillo della fluidità e della liquidità, che però vanno di pari passo al crescendo di aggressività, di comportamenti antisociali.

Konrad Lorenz, premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina, nel 1973, ne “Gli otto peccati capitali della nostra civiltà”, identificò tra le cause che rischiano di distruggere la società umana, quattro fattori che generano comportamenti antisociali:
- “l’estinguersi dei sentimenti”,
- “la crescente intolleranza verso tutto ciò che provoca dolore”, ovvero il bisogno di appagamento immediato e l'intolleranza alla frustrazione,
- “l’indottrinamento attraverso i mezzi di persuasione pubblica”,
- la “tradizione genitoriale demolita”, cioè il fatto che i giovani non si identifichino coi modelli e valori genitoriali.

In molte specie animali, l'accettazione del cucciolo, nel gruppo, garantisce una maggiore probabilità di sopravvivenza ed ha quindi grande valore evolutivo.
Nel caso della società umana, in cui il cucciolo non diventa autonomo prima di svariati anni, la capacità di avere solide relazioni sociali con i propri simili, ha un ruolo rilevante ed a tale fine, ne hanno anche l'acquisizione di valori generali, come quello della socialità e dell'empatia, dei valori specifici della società in cui si inserisce, la capacità di provare sentimenti a lungo termine, la capacità di tollerare la frustrazione e controllare la rabbia. Valori, sentimenti ed emozioni trasmessi, in prima istanza, dalla famiglia, in cui il bambino viene accolto, e poi dalla società stessa.
Poichè il cucciolo dell'essere umano, non potrebbe sopravvivere senza essere accettato dalla comunità e/o dalla famiglia,  la paura del rifiuto è tra le paure più arcaiche dell'essere umano.
Per questo motivo, l'importanza delle relazioni sociali è stata approfonditamente studiata fin dall'inizio del Ventesimo secolo, con particolar attenzione alla relazione con la madre e/o i caregiver ed alla deprivazione relazionale ed affettiva. Non c'è da sorprenderci che le ricerche evidenzino quanto l'isolamento sociale possa essere rischioso per la vita, al pari di altri noti fattori come il fumo, l'obesità o l'inattività fisica.



COMPORTAMENTI ANTISOCIALI ESEMPI E STUDI

Uno studio pioneristico, sul comportamento antisociale di giovani delinquenti, fu effettuato, nel 1944, dallo psicologo, medico e psicoanalista britannico John Bowlby, che gli valse l'incaricato della Organizzazione Mondiale della Sanità di raccogliere le ricerche esistenti sugli effetti della deprivazione materna sullo sviluppo individuale.
In “Fourty-four juvenile thieves: their characters and home life” (trad. “Quarantaquattro ladri minorenni: i loro personaggi e la vita domestica”),  egli evidenziò che un quarto dei ragazzi studiati aveva subito importanti separazioni dai propri genitori durante l’infanzia e che, in 12 casi su 14, la psicopatologia anaffettiva fu causata, a suo dire, dalle gravi carenze di cure materne.

Dagli studi di Bowbly si sono sviluppate negli anni le teorie sugli stili di attaccamento, ovvero sullo stato di sicurezza percepito nelle relazioni e sugli schemi comportamentali che vengono attuati per controllare la sofferenza derivante dalla separazione. Schemi difensivi che sono tali nei bambini e diventano abitudini comportamentali poi negli adulti.
La deprivazione materna, che può essere da lieve a grave, ha la caratteristica di creare:
  • intolleranza alla frustrazione del bisogno di contatto emotivo e fisico,
  • profonda ansietà da separazione, 
  • forte dipendenza dalla presenza/assenza, ovvero dall'esterno,
  • bisogno di appagamento immediato ed egocentrismo,
  • disfunzioni emotive che vanno dal congelamento delle emozioni e dei sentimenti, all'altalenanza tra essi, alla fortissima emotività.
Oltre alle difese comportamentali, quando manca il contatto fisico ed emotivo continuativo tra le madri ed i figli, nei primi anni di vita, e tra le persone che dicono di amarsi, da adulti, si riduce la produzione di ossitocina, che è anche l'ormone dell'empatia e della socialità. Aumenta così l'aggressività.
Gli stili di attaccamento tra bambini e genitori, e tra adulti poi, diventano così sempre più insicuri e disfunzionali, accrescendo  il bisogno di controllo mentale, a scapito della maturità emotiva, ovvero della consapevolezza di sé e della capacità di mettersi nei panni altrui, minimizzando il male causabile. Nel contempo la riduzione di contatto fisico ed emotivo, esacerbata dalla vita virtuale, accresce l'aggressività ed anichilisce le capacità sia intellettive, che emotive.



LA CRISI DELLA FAMIGLIA, LA DEMOLIZIONE DELLA TRADIZIONE E DELLA SOCIALITA'

I valori sono quelle virtù in base alle quali, ogni giorno, prendiamo decisioni ed agiamo.
In una comunità sociale, come quella umana, hanno un peso rilevante quei valori che ci consentono di sopravvivere e di riprodurci, tramite gli altri, e tra questi quelli che permettono l'accettazione e l'appartenenza sociale, ovvero la socialità.
La famiglia è la culla dove questi valori possono essere appresi, non solo tramite l'insegnamento, ma soprattutto tramite la presenza, l'esperienza e l'attivazione dei neuroni specchio, ovvero tramite l'apprendimento imitativo da parte dei figli.
Quando il bambino è in seno ad una famiglia che gli offre presenza, contatto fisico ed emotivo, sicurezza, ergo sa trasmettergli valori, ha una base solida per la curiosità, l’esplorazione, l'esperienza e l'emotività.
Invece, più il terreno su cui il bambino deve muoversi è instabile, più insicurezza, rabbia, ansia e paura saranno presenti e più il grado di attaccamento e di empatia saranno fallaci, favorendo comportamenti antisociali, che possono sfociare in disturbo antisociale.

Immaginate di essere in mezzo ad un incendio con altre persone. Chi seguireste, una persona instabile, mutevole, incerta ed emotiva o una persona sicura e capace di controllare l'emotività?

Chi preferiste come partner di vita, una persona ansiosa ed instabile, che vi fa sentire di camminare sulle uova o una che vi da sicurezza e serenità?

La sicurezza è un bisogno fondamentale, legato alla sopravvivenza, quando manca, si fa di tutto per ripristinarla, facendoci diventare totalmente dipendenti da ciò che ci da il barlume di appagamento e bisognosi di controllarlo.

Maggiori sono l'insicurezza e l'ansietà, maggiore è il bisogno di controllo.
Maggiore è il bisogno di controllo, minore è la tolleranza alla frustrazione.
Minore è la tolleranza alla frustrazione, minore è la capacità di gestire le emozioni, che possono diventare facilmente eccessive e degenerare nell'aggressività (anche in aggressività passiva) e maggiore è l'egocentrismo, ovvero la concentrazione focalizzata su se stessi e l'appagamento dei propri bisogni/desideri.

Da che mondo è mondo i genitori cercano di trasmettere i valori e dettare le regole.
Da che mondo è mondo i genitori dicono “no” a qualche richiesta dei figli.
Tutti noi abbiamo ricevuto dei “no”. Eppure, fortunatamente, non siamo diventati omicidi, anzi, quei  “no”  ci hanno aiutato a crescere, non solo definendo i limiti del vivere comune, ma anche rafforzando la tolleranza alla frustrazione, al rifiuto, alla umiliazione ed all'abbandono.
Anzi, spesso sono stati quei no, quelle frustrazioni e quella noia a stimolare i nostri sogni e la nostra creatività.

Oggigiorno, le strutture familiari sono profondamente e troppo velocemente cambiate rispetto al passato. Sono spesso frammentate, dislocate territorialmente e meno presenti. Un tempo infatti, oltre alle figure genitoriali, era spesso presente anche una rete familiare, che poteva fornire grande sostegno.

Nelle coppie c'è sempre più malcontento, aumentano i divorzi e i figli non credono più nel matrimonio, nell'amore e nella famiglia, valori alla base della sopravvivenza, ma anche delle capacità empatiche e sociali di ogni individuo.
Le famiglie diventano sempre di più nuclei di coinquilini, che si dividono apparentemente in modo equo le incombenze familiari e che non hanno alcuna intimità emotiva . I ruoli sono sempre più confusi e questo fa sì che i figli non vedano più i genitori come basi stabili, cui fare riferimento.
I genitori sono più assenti per lavoro ed i figli passano la gran parte del loro tempo fuori dal nucleo familiare ed a risentirne è spesso il sistema valoriale, che non raramente risulta diverso da un genitore all'altro, soprattutto quando sono separati. Così, i giovani si trovano spesso ad avere un sistema di valori molto debole e spesso anche contraddittorio, in cui non sanno cosa sia giusto. 
Il benessere dei figli costituisce solo apparentemente un interesse centrale. Gli adulti, spesso, si occupano di loro più dal punto di vista economico, che da quello affettivo ed educativo sublimando la loro assenza con permissivismo ed amicalità, deleteri per il ruolo genitoriale e la crescita dei figli. I giovani spesso non si rivolgono ai genitori, perché paradossalmente la mancanza di conflitti e di regole e di asimmetria nei ruoli, fa sì che non li considerino dei punti di riferimento autorevoli.
Così, la fruizione dell'esempio comportamentale e valoriale degli adulti, da parte dei giovani, si è molto ridotta.
Se a ciò si somma l'insicurezza emotiva e la dipendenza dai fattori esterni, non possono che derivarne personalità molto fluide ed insicure, che crollano o diventano aggressive di fronte alla frustrazione.

Un segnale preoccupante della svalorizzazione della funzione educativa degli adulti è dato dall’aumento degli episodi di violenza da parte dei figli, nei confronti dei propri genitori.
La famiglia  dovrebbe essere il luogo di sicurezza per eccellenza, il luogo dove si trasmettono i valori e dove si apprendono le regole familiari e sociali. Invece mi sembra di trovare solo un dilagante vuoto di valori e di insicurezza affettiva, che diventa la madre stessa di disagi, disfunzionalità, aggressività, antisocialità e violenze e la culla di future generazioni senza alcuna umanità.
E' sconcertante che nel 2021, una ragazza riceva dei messaggi da un amico (Giovanni Limata) che le preannuncia di volere fare strage della famiglia della fidanzata, l'indomani, ed ella non faccia alcunché per farlo ragionare o desistere o per avvisare qualcuno, salvando così il povero padre della fidanzata, Aldo Gioia.
Dov'è finito il valore della vita umana?
Dov'è il valore dell'amicizia, se chi ci dice di volerci bene, non ci contrasta per paura di sentirsi rifiutato?

Un altro segnale preoccupante  della crisi dei valori e della concausa genitoriale è data dal crescente "colpa in educando", richiamata non solo nel Codice Civile (art. 2048), ma anche nella Costituzione (art.30). Un fenomeno per cui i genitori finiscono con l'avallare i comportamenti antisociali dei figli, peggiorando ulteriormente la loro disfunzionalità emotiva e sociale.
Un tempo, se un insegnante ci rimproverava, avevamo il timore di dirlo a casa, perchè era quasi certa la dose aggiuntiva di richiamo e/o punizione, da parte dei nostri genitori. Oggi non solo ciò manca, ma si è arrivati al paradosso opposto, in cui una docente di scuola elementare è stata condannata alla reclusione, dal Tribunale di Parma,  per “abuso dei mezzi di correzione” verso gli studenti della quinta elementare, che avevano imbrattato i muri dei bagni di feci.
Come possiamo continuare ad attribuire un ruolo importante alla scuola nella educazione dei giovani, se questo processo non viene solo impedito, ma addirittura punito e viene avallato il comportamento antisociale di un figlio? Imbrattare di feci un bagno, non è forse una mancanza di rispetto verso gli altri alunni e gli operatori che dovranno pulire il misfatto? Non è forse una mancanza di valori verso l'essere umano?

Perchè dunque oggigiorno, si è sempre più intolleranti alle regole, ai valori, all'autorità ed ai “no” e si è sempre più dipendenti dall'appagamento immediato dei bisogni e dal “tutto e subito”?
Io credo che dipenda da due fattori concatenati, la distruzione della tradizione familiare e la crescente dipendenza affettiva dall'esterno. Paradossale è che la prima, e più specificatamente la deprivazione materna, può essere causa  della dipendenza affettiva e quest'ultima diventa la causa per cui non si riesce più ad investire in valori, sentimenti e relazioni stabili e stabilizzanti, un serpente che si morde la coda!




LA FORMAZIONE A-SOCIAL

L'altalenante presenza/assenza emotiva e fisica genitoriale, oltre a non fornire le basi per l'apprendimento imitativo ed a favorire un sistema valoriale debole e/o contraddittorio, crea ansietà relazionale e dipendenza affettiva. L’Io, senza valori di riferimento, senza radici stabili, è completamente in balìa dall'esterno, in quella tanto decantata quanto erronea fluidità, mutevole, insicuro, emotivo e fortemente bisognoso di controllare la possibile frustrazione, di cui è profondamente intollerante.
Ci troviamo così di fronte a nuove generazioni sempre più senza identità e senza basi stabili di riferimento.
La famiglia  non è più un punto di riferimento.
L'educatore diventano la rete, le fake news, la musica, i video, i post, i social, le mode...
Accade così che siamo bombardati ed “influenzati” da immagini “filtrate” e falsate di persone che appaiono bellissime, in forma, di successo e piene di “followers”, cui basta “apparire” per fare tanti soldi, avere successo e quindi “essere accettati”, cioè non rifiutati... C'è una corsa spasmodica alla ricerca di “like” e consensi, ma anche di “notifiche” social(i); una vera e propria dipendenza.
Accade così che detenuti ed ex tali, diventino noti influencer (cioè in grado di influenzare) sui social media, seppur spesso con intento preventivo o di denuncia sociale. Tra essi J. G. (non lo scrivo per esteso perchè non voglio alimentare questo tipo di fenomeno)  che pubblica con regolarità e il record di visualizzazioni lo ha ottenuto col video che insegna a parlare come un galeotto,  con lo slang del carcere. 
E' questo il valore aggiunto?
E' questa la nuova lingua da imparare?

Dunque, non bisogna necessariamente essere brave persone o validi professionisti o meritevoli per “avere successo”?

Lo si può diventare anche dopo aver commesso qualche crimine? E dunque, chi ha commesso un crimine può influenzare i giovani e diventarne addirittura un punto di riferimento?
Come accadde a Ferdinando Carretta, che nel lontano 1989, compì il triplice omicidio dei genitori e del fratello e dichiarò “Ricevetti tantissime lettere di persone che erano venute a conoscenza del mio caso attraverso i mass media. C’era tanta comprensione nei miei confronti e con alcune di queste persone ho mantenuto una relazione che continua a tutt’oggi, sia epistolarmente che in altri modi”. Non dissimile da ciò che accadde a  Pietro Maso, che, con 3 complici,  uccise i genitori per incassare un miliardo di lire, e per Erika De Nardo, che col fidanzatino Omar, uccise la madre ed il fratellino e che le vede dedicati un sito Internet, una canzone, tanti spasimanti e gesti che la disegnano come un mito.
Come accade nel 2021, per Benno Neumair, per il quale è stato creato in suo “onore”  un gruppo su un social network.

Così, sono sempre più coloro che si iscrivono a Telegram, il social noto per la policy non in linea con gli standard di tutela della sicurezza delle persone, in nome di un fantomatico anonimato teso a mantenere la privacy su cosa? Se scegli un social, scegli in partenza di rendere pubblico qualcosa di personale. Se le tue azioni non sono illecite, che bisogno c'è di nasconderle? Non ti viene in mente che come tu nascondi cose forse futili, altri possono farlo per cose ben più gravi, se non reati?
Pedopornografia, revenge porn, sextortion, minacce di stupro, offese, victim blaming, slut shaming, immagini falsate, numeri di cellulare e indirizzi di casa di attiviste, femministe, donne, madri e sorelle messe alla gogna dai loro stessi figli, fratelli, mariti, ex fidanzati o da odiatori estranei. L'uso illecito di materiale privato su  gruppi dai nomi  esplicativi, più volte chiusi e riaperti, con la certezza dell’identità celata. Una vigliaccheria avallata da tutti gli altri che aderiscono al social.

Ecco dunque che, i valori per sopravvivere, all'interno della società umana, non sono più quelli legati alla stabilità dei sentimenti, delle emozioni, dei valori, della famiglia, della società, del win2win, ovvero della intelligenza emotiva, ma quelli egoici ed egoistici, di controllo mentale, di manipolazione, di narcisismo, dell'asocialità, dell'aggressività, basati sul tutto e subito e sull'apparire e caratterizzati da grande fragilità emotiva.

Vista la fluidità, è un mulinello nell'acqua, che trascina sempre più in basso e più tenti il controllo, più forza ti toglie.


SCIOCCANTE L'EFFETTO DEI SELFIE SUL NARCISISMO

A dimostrazione del ruolo nefasto giocato dai social nella percezione della realtà, nell'indottrinamento, nelle relazioni, nelle dipendenze  e nella formazione della personalità, c'è uno studio importantissimo che ha verificato in che modo l’utilizzo di internet potesse essere associato al narcisismo.

I risultati sono sconcertanti ed assolutamente preoccupanti.

In uno studio dell’Università Swansea in collaborazione, con l’Università di Milano, i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti di personalità in 74 individui dai 18 ai 34 anni, durante un periodo di quattro mesi.
I risultati hanno dimostrato che una eccessiva  pubblicazione di immagini e selfie sui social è associata ad un aumento di tratti narcisistici negli utenti (Reed, Bircek, Osborne, Viganò, & Truzoli, 2018).
Nei partecipanti si è osservato un incremento del 25% dei tratti narcisistici, che ha portato molti di loro a superare il cut-off clinico per il Disturbo Narcisistico di Personalità.
Il Professor Reed aggiunge che “se consideriamo il nostro campione come rappresentativo della popolazione, cosa piuttosto realistica, significa che circa il 20% delle persone potrebbe essere a rischio di sviluppare tratti narcisistici, associati a un uso problematico dei social in modalità visiva”.

Il narcisismo comporta la ricerca di visibilità ed approvazione.
L’uso dei social centrati sulle modalità visive” – aggiunge il Professor Roberto Truzoli, del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche "L. Sacco" dell’Università degli Studi di Milano, supervisore della ricerca – “può enfatizzare la percezione degli individui narcisistici di essere al centro dell’attenzione”.
Lo studio ha infatti rilevato che chi invece usa i social soprattutto per postare contenuti verbali, come su Twitter, non presenta gli stessi effetti, benchè coloro che avevano un livello di narcisismo maggiore twittavano di più degli altri.
Il tempo medio di permanenza online, oltre il lavoro, era di circa 3 ore al giorno. Alcuni hanno dichiarato di usare i social anche 8 ore al giorno.

Link allo studio: https://benthamopen.com/FULLTEXT/TOPSYJ-11-163



CONCLUSIONI

Le nuove generazioni crescono con radici ridotte dalla carenza di valori di riferimento e dalla incapacità di tollerare le frustrazioni, da una parte, e con crescenti dipendenze dall'esterno, al fine di empire il vuoto dentro, dall'altra.
Non può che conseguirne una profonda insicurezza, instabilità e liquidità, che aumenta il bisogno di controllo mentale, al fine di ripristinare una sicurezza fondamentale per la sopravvivenza. Il controllo mentale finisce col porre il sé al centro di tutto, chiudendo il cuore e riducendo l'empatia, che rende ancora più instabili emotivamente.

Da questa semplice disamina sembra chiaro perchè Lorenz abbia identificato nella perdita di valori, sentimenti, struttura, ovvero nella fluidità/liquidità il nuovo valore che sta uccidendo la cività.



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