Aneddoticamente, l’amore è spesso associato al cuore. Tuttavia, l’organo realmente coinvolto nell’infatuazione è il cervello. È solo recentemente che la ricerca scientifica ha iniziato a esplorare le basi neurobiologiche di uno degli stati emotivi più intensi conosciuti: l’infatuazione iniziale.
Per molto tempo, l’amore è stato dominio di poeti, filosofi e artisti. Solo di recente la scienza ha iniziato a studiarlo seriamente, rivelando i processi chimici e fisiologici che lo caratterizzano. Oggi sappiamo che durante la prima attrazione si attiva una complessa cascata di neurotrasmettitori che influenzano percezioni, emozioni e comportamenti.
- Dopamina: euforia e ricompensa
- Serotonina: pensieri ossessivi
- Fattore di crescita nervosa: l’intensità dell’attrazione
- Noradrenalina: reazioni fisiche
- Ossitocina e vasopressina: i semi dell’attaccamento
- Endorfine: stabilità e benessere
- Disattivazione del giudizio critico
- Quanto dura la chimica dell’infatuazione?
- Bibliografia
Dopamina: euforia e ricompensa
La dopamina è il principale neuromodulatore coinvolto nella fase iniziale dell’infatuazione. Rilasciata dall’ipotalamo, attiva i circuiti della ricompensa e del desiderio, producendo sensazioni di euforia e gratificazione. La dopamina è responsabile del senso di benessere che accompagna ogni interazione con la persona desiderata e incentiva a cercare costantemente la sua presenza.
Col tempo, il cervello inizia a produrre dopamina già al solo pensiero della persona amata, anticipando il piacere.
Serotonina: pensieri ossessivi
Parallelamente, si osserva una riduzione dei livelli di serotonina, un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell’umore. Questo squilibrio spiega perché l’infatuazione sia spesso accompagnata da pensieri ricorrenti e una focalizzazione ossessiva sulla persona oggetto del desiderio.
Questa fase può generare una vulnerabilità emotiva: l’aumento della dopamina produce euforia, ma la carenza di serotonina ci rende suscettibili a ansia e insicurezza, specialmente in assenza di reciprocità.
Fattore di crescita nervosa: l’intensità dell’attrazione
Nelle prime fasi di un nuovo legame, i livelli di fattore di crescita nervosa (NGF) risultano significativamente più alti. Questo composto è associato all’intensità del sentimento e facilita la formazione di connessioni emotive.
Noradrenalina: reazioni fisiche
La noradrenalina è responsabile delle risposte fisiche tipiche dell’infatuazione: tachicardia, sudorazione, insonnia, tremore. Queste manifestazioni somatiche sono legate all’eccitazione e alla tensione emotiva della novità.
Ossitocina e vasopressina: i semi dell’attaccamento
Anche se l’ossitocina e la vasopressina sono più coinvolte nelle fasi successive dell’amore, iniziano a giocare un ruolo anche nella prima attrazione fisica. Questi ormoni aumentano il senso di connessione e stimolano i meccanismi della memoria affettiva positiva.Endorfine: stabilità e benessere
Con il tempo, le endorfine contribuiscono a trasformare l’infatuazione in un legame più stabile, generando un senso di rilassamento, fiducia e appagamento emotivo.
Disattivazione del giudizio critico
Le neuroimmagini mostrano che durante l’infatuazione si riduce l’attività della corteccia prefrontale, sede del giudizio critico e morale. Questo spiega perché nelle prime fasi dell’attrazione si tende a idealizzare il partner, ignorando difetti e segnali d’allarme.
Contemporaneamente si osserva una riduzione dell’attività dell’amigdala, struttura responsabile della gestione della paura. Ciò comporta una maggiore propensione al rischio, alla vulnerabilità e a scelte impulsive.
Quanto dura la chimica dell’infatuazione?
Secondo gli studi, la fase chimica intensa dell’infatuazione può durare dai 6 ai 36 mesi, per poi stabilizzarsi o trasformarsi in un legame più profondo e consapevole. Per alcune persone, la fine di questa fase coincide con il desiderio di ricreare da capo la stessa scarica emozionale con un nuovo partner.
Bibliografia
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