- Il suicidio silenzioso: paradosso di genere
- Trend recenti
- Geografie del dolore: il paradosso nordico
- Il disagio maschile contemporaneo
- Conclusione: non moralismo, ma rispetto
- Bibliografia essenziale
Il suicidio silenzioso: paradosso di genere
La clinica lo conosce: chi minaccia continuamente il suicidio spesso non arriva a compierlo. Chi invece lo decide davvero, raramente lo annuncia. È un fenomeno noto, a volte chiamato suicidio silenzioso o effetto presagio silenzioso: l’assenza di segnali verbali rende il gesto improvviso, inatteso, devastante.Questa dinamica colpisce in particolare gli uomini. Non gridano il loro dolore, lo trattengono. E così finiscono nelle statistiche: sono loro a morire di più.La letteratura scientifica parla chiaro: le donne riportano più ideazione suicidaria e più tentativi (Miranda-Mendizabal et al., 2019), ma sono gli uomini a morire. Il cosiddetto paradosso di genere (Canetto & Sakinofsky, 1998).
Trend recenti
Negli ultimi anni i suicidi giovanili femminili sono aumentati in vari paesi occidentali (Bertuccio et al., 2024). Tuttavia, la quota maschile resta predominante, soprattutto tra adulti e anziani, dove perdita di lavoro, pensionamento e solitudine diventano micce silenziose.
Geografie del dolore: il paradosso nordico
In Asia meridionale le donne hanno tassi insolitamente alti,
ma altrove domina il dolore maschile. E poi c’è il
paradosso nordico:
nei paesi con maggiore uguaglianza di genere, come Danimarca e Svezia,
storicamente si sono registrati i tassi di suicidio più alti
(Chang & Gunnell, 2019).
Non perché la parità causi suicidi, ma
perché quando i ruoli cambiano bruscamente, molti uomini
restano senza riferimenti.
Il disagio maschile contemporaneo
Oltre ai numeri, oggi c’è un dato
culturale che non possiamo ignorare. Molti uomini vivono una condizione
paradossale: accusati di maschilismo o patriarcato per il solo fatto di
essere uomini, finiscono per non sentirsi liberi di esprimersi.
Alcune ricerche recenti (ex. Seidler et al., 2021; Coleman, 2022) hanno
evidenziato che lo stigma
contro la mascolinità tradizionale, pur nato
per contrastare il sessismo, ha effetti collaterali: molti uomini
interiorizzano l’idea di essere “colpevoli a
prescindere” e sviluppano ansia sociale, paura del giudizio,
ritiro emotivo.
Il risultato? Ancora più silenzio, ancora più
isolamento.
Conclusione: non moralismo, ma rispetto
La soluzione non è etichettare, non è
continuare a puntare il dito sugli uomini come
“maschilisti”. La vera prevenzione suicidi
passa da una società che permetta anche ai maschi di essere se stessi,
senza stigma, senza vergogna.
Il suicidio maschile non è un problema di
mascolinità tossica: è il prezzo del silenzio,
della paura di parlare, della colpa di esistere in un’epoca
che li guarda con sospetto.
Se davvero vogliamo salvare vite, dobbiamo restituire agli uomini la
libertà di esprimersi e di chiedere aiuto senza sentirsi
giudicati.
Bibliografia essenziale
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Canetto SS, Sakinofsky I. (1998). The gender paradox in suicide. Suicide and Life-Threatening Behavior.
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Miranda-Mendizabal A. et al. (2019). Gender differences in suicidal behavior in adolescents and young adults: systematic review and meta-analysis. BMC Psychiatry.
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Weaver ND et al. (2025). Global, regional, and national burden of suicide, 1990–2021. The Lancet Public Health.
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Chang Q., Gunnell D. (2019). Global variations in suicide gender ratios and associations with gender inequality. J Affect Disord.
-
Bertuccio P. et al. (2024). Global trends in youth suicide, 1990–2020. eClinicalMedicine.
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Seidler ZE et al. (2021). The role of masculinity norms in men’s help-seeking for mental health. Lancet Psychiatry.
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Coleman J. (2022). Men, masculinity, and mental health stigma. Routledge.

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