Giorgia Meloni premier
vista da un altro punto di vista, quello fisico e della comunicazione
non verbale...
Il corpo e la
comunicazione non
verbale di Giorgia Meloni dicono molto di lei, della sua
storia,
delle sue ferite, dei suoi valori e dei suoi talenti.
Testa inclinata, grandi
occhi,
piccoletta (altezza 1,63), corpo ben proporzionato e muscolatura
solida. Non è un caso. La struttura corporea del presidente
del
consiglio Giorgia Meloni sembra essere quella tipica di chi
ha
la ferita del
rifiuto, che spesso si associa alla ferita dell'ingiustizia.
Di
certo,
Giorgia Meloni non ne è
consapevole.
Io stessa, che ho la stessa
ferita, pur
avendo una Laurea in Psicologia, l'ho scoperto studiando Lise
Bourbeau, a 46 anni, e facendomi un test kinesiologico per scoprirne
la causa.
A cosa si associa questa
ferita ve lo svelerò, mano a mano, per chiarirvene le
motivazioni e le
implicazioni.
Inizio col dirvi che,
seppur
inconsapevolmente, essa è già raccontata nella biografia
di
Giorgia Meloni, una specie di chiarimento che lei si sente di
fare, contro le ingiustizie di cui spesso è stata vittima e
che rivela la sua formamentis.
Iniziamo dunque proprio dal
libro
auto-biografia di Giorgia Meloni “Io sono
Giorgia”
(Rizzoli, Milano, 2022).
Perché il suo
libro, diversamente da tanti altri politici, ha venduto così
tante copie ed il suo titolo è riuscito a diventare uno
slogan
vincente, che ha segnato la scalata di Giorgia Meloni,
fino
alla carica più alta del Consiglio dei Ministri?
Perché fa leva
su uno dei 6 principi
di persuasione di Cialdini, quello della
“simpatia“; secondo cui
preferiamo “comprare” da chi ha qualcosa in comune
con noi, che è
come noi e che conosciamo.
Ed è quello che
fa Giorgia, si fa
conoscere, spogliandosi del suo ruolo istituzionale e parlando della
sua vita normale, comune a tanti. Il suo, è un libro umano,
come il
suo primo capitolo.
Capitolo I: “Io
sono Giorgia”
Sua madre, incinta di lei,
voleva abortire, ma all’ultimo ha deciso
diversamente. Ad
alcuni più razionali può sembrare strano, ma i
bambini percepiscono
“certe” cose, sin da quando sono nella pancia della
mamma. Non è
razionale o cosciente, forse è solo percezione delle
emozioni
materne, ma sta di fatto che i bambini che si sentono rifiutati dal
genitore dello stesso sesso, perché la gravidanza non era
voluta o
perché era desiderato un bambino di sesso diverso o per
malattia o
morte del genitore, possono sviluppare la ferita del rifiuto. Una
ferita ancestrale, per tutti i figli dei mammiferi, che senza
cure non potrebbero sopravvivere.
Come ho già
avuto modo di trattare,
il
bambino con la ferita del rifiuto, per sopravvivere necessita molto
presto di essere indipendente e di interiorizzare le regole ed i
valori familiari e sociali, che gli permettono di essere meritevole,
quindi accettato. Per questo sviluppa una forte empatia, che gli
permette di sintonizzarsi con le emozioni ed i bisogni altrui, cui
può far fronte con solerzia.
A questa ferita si associa
molto spesso
quella dell'ingiustizia, in genere per una educazione rigida ed
intransigente, che porta a battersi per cause e diritti.
In entrambi i casi, il
corpo è
proporzionato, solido e saldo, come la personalità, che ha
buone
radici. Con la ferita del rifiuto, il corpo (o una parte di esso)
è
piuttosto piccolo, come se la persona in questione cercasse di non
prendere troppo spazio, perché inconsciamente non sente il
diritto
di esistere.
Tutta la vita è
un altalenarsi tra
queste pulsioni, il sentirsi rifiutati ed il desiderio di esistere,
il sentirsi vittime ed il desiderio di ricevere giustizia ed i talenti
che si sviluppano sono strettamente legati a questi bisogni.
Ecco allora Giorgia
Meloni premier
che
con il suo saldo sistema valoriale, poggiato sulla tradizione,
già a
15 anni, inizia il suo impegno politico, nel contempo lavorando per
essere
indipendente ed aiutare in famiglia.
A vincere dunque
è Giorgia Meloni,
umana, con le sue ferite ed i talenti che ha dovuto sviluppare per
sopravvivere.
Vince il merito.
Vince l'essere umano.
La
sua testa inclinata di
lato richiama l'atto di alcuni animali, come i lupi, di porgere il
collo vincente. Porgereste mai il vostro collo a qualcuno che vi
può
azzannare? Se lo si fa è perché si ha fiducia (di
cui coloro che
hanno la ferita del rifiuto sono sani portatori) ed anche per questo
è un atto, che favorisce le interazioni sociali.
E' un segnale non verbale
che denota
ascolto ed interesse, ma senza essere invadente o insistente.
Infatti, in questa posizione, non si hanno entrambi gli occhi
allineati e si può guardare l'interlocutore, senza
incutergli
timore o senso di sottomissione.
Piegare la testa di lato
è uno
strumento di seduzione e corteggiamento involontario, di appannaggio
prevalentemente femminile. E' la spia ed il vezzo di quella Giorgia
bambina, che col sorriso timido, suscita ancora tenerezza.
Azzannereste mai il collo
di qualcuno
che ve lo porge?
Giorgia Meloni
il collo lo
mostra alla sua nazione, quella fatta di persone, come lei.
Capitolo II: “Sono
una donna”
Giorgia Meloni
diventa premier
del 68imo Governo italiano!
Un segno?
Giorgia Meloni,
come molte di
noi, in qualche modo, è figlia di quel femminismo che ha
reso
possibile un percorso come il suo, ma la vittoria, a mio parere, non
lo è né per il femminismo, nè per le
donne, ma solo per le
persone.
Ad esprimerlo, ancora una
volta, è
stata la comunicazione non verbale di Giorgia Meloni,
durante
le giornata comprese tra l'incarico, il giuramento ed il suono della
campanella.
Il Presidente
Giorgia Meloni ha
indossato un completo giacca e pantaloni coi tacchi a spillo, ma non
con la gonna. Non ha voluto sembrare un uomo o rinunciare alla sua
femminilità, come molte femministe, ma nemmeno ha
strumentalizzato
il fatto di essere donna.
Non ha utilizzato il suo
essere donna
in campagna elettorale, né nel post elezione, eppure
dimostra di
poter essere donna, con coraggio ed orgoglio, anche portando i
pantaloni o lavorando, in un ruolo cruciale, per la nazione.
Un duro lavoro quello del Presidente
del Consiglio, per il quale le servirà la collaborazione
dei
suoi ministri, una softskill molto sviluppata nelle donne.
Vince dunque un modo
femminile di fare
politica, che non vince per ideologia o per ruoli o per legge o per
quote, ma per merito.
Vince la donna multitask,
come tutte le
donne, che si dividono tra vita privata e vita pubblica/lavorativa.
Vince la donna che
è forte proprio
perché sa essere fragile e sa emozionarsi.
Vince la donna che si
concede il
permesso di cambiare idea, di crescere e di migliorarsi, come tutte
le donne.
Vince la legittimazione
della donna.
Vince il potere delle donne
che non è
quello imposto, ma quello riconosciuto, anche se spesso lavora dietro
le quinte ed è altrettanto e talvolta più forte
di quello maschile.
Come diligentemente riconoscerebbe il Presidente uscente Draghi, con la
sua mitica frase
“Decide mia moglie!”
Capitolo III:
“Sono una madre”
Giorgia Meloni
subito dopo il
giuramento, disponendosi tra i suoi ministri, rivolge il primo
sorriso alla figlia, dando enfasi alla sacralità
del suo ruolo
di madre.
Un ruolo per lei
distintivo, che lei
stessa afferma le ha cambiato le priorità e la vita.
Un ruolo che l'ha fatta
scappare,
appena possibile, a casa dalla sua bambina, subito dopo la nottata
elettorale.
La dimensione
pubblica di Giorgia
Meloni non annulla quella privata.
E' una madre di famiglia,
di origine
umile, quella che decide di non festeggiare l'esito vincente delle
votazioni politiche, in un momento difficile per l'economia del paese
e delle famiglie.
E' una madre quella che il
giorno del
suo insediamento, piange, mal celata dai body guard e va ad
abbracciare un'altra mamma al funerale del proprio figlio, vittima di
un pirata della strada. Emblematico che a causare la morte di quel
ragazzo sia stata una 23enne sotto l'effetto di alcool e droga. Chi
ha dipendenze, di qualsiasi genere, ha dipendenze affettive che
spesso sono specchio di una ferita dell'abbandono e di ruolo
genitoriale mancante o altalenante, che crea grossa ansietà,
insicurezza e personalità fluide.....
Una madre che, lasciando
alla figlia le
sue memorie ed il suo insegnamento, nell'ultimo capitolo del suo libro,
suggella il senso del suo
successo di donna e di persona empatica con la frase
«il cuore vede con molta più nitidezza di quanto
sappiano fare gli
occhi».
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