Il declino del testosterone nei giovani maschi e nei nativi digitali
Una delle evidenze più solide e inquietanti emerse negli ultimi decenni riguarda il crollo dei livelli di testosterone nei nativi digitali. Non si tratta di uomini anziani o con obesità: anche maschi sani tra i 20 e i 35 anni presentano oggi, in media, livelli significativamente più bassi rispetto ai coetanei delle generazioni precedenti.
Le analisi longitudinali in Nord America, Europa e Sud America parlano chiaro: dal 1987 a oggi i livelli di testosterone sono scesi di oltre l’1% all’anno, indipendentemente da età, indice di massa corporea, fumo o malattie. È un declino che non si può spiegare soltanto con lo stile di vita. Sembra essere diventato parte stessa della biologia delle nuove generazioni.
Le conseguenze sono già visibili: maggiore incidenza di ansia, depressione, calo della libido, infertilità maschile, riduzione della massa muscolare e della densità ossea. L’equilibrio ormonale che per secoli ha accompagnato la crescita e la salute maschile sta cambiando.
Donne più precoci, ma meno fertili: un destino che tocca i nativi digitali
Nel corpo femminile, i segnali di trasformazione sono altrettanto significativi. Le ragazze oggi entrano nella pubertà prima, in media diversi mesi prima rispetto alle coetanee nate negli anni Settanta o Ottanta. Un menarca anticipato, spesso visto come semplice variazione biologica, è invece correlato a maggior rischio di disturbi metabolici, ansia e depressione precoci.
Sul versante opposto, la menopausa tende ad arrivare prima rispetto alle generazioni passate. Ne deriva un periodo fertile complessivo più breve, con una esposizione inferiore agli estrogeni nel corso della vita. L’estradiolo, l’ormone simbolo della fertilità, del benessere osseo e della lucidità mentale, è oggi presente per meno anni nei corpi delle donne giovani.
Anche in questo caso, le conseguenze non si fanno attendere: aumento del rischio di osteoporosi precoce, infertilità, alterazioni dell’umore e maggiore vulnerabilità neurologica.
Cause possibili
Le ragioni di questa mutazione biologica sono complesse e intrecciano fattori ambientali, sociali e comportamentali:
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Disruptori endocrini come plastificanti, pesticidi, ftalati e BPA, presenti in contenitori, cosmetici e cibi confezionati.
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Inquinamento atmosferico e chimico, con esposizione costante a microplastiche e metalli pesanti.
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Alimentazione industrializzata, ricca di calorie ma povera di nutrienti fondamentali per la produzione ormonale.
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Stress cronico e sovraccarico digitale, che alterano i sistemi dopaminergico e serotoninergico con effetti indiretti sugli ormoni sessuali.
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Carenza di sonno e di esposizione alla luce naturale, che compromette i cicli circadiani e la produzione di melatonina, regolatrice della secrezione ormonale.
Vie di uscita
Non si tratta di un destino inevitabile. È possibile invertire la traiettoria con azioni consapevoli:
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Ridurre l’esposizione quotidiana a sostanze chimiche che agiscono da interferenti endocrini.
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Ristabilire il contatto con i ritmi naturali, rispettando il ciclo luce-buio e limitando l’uso serale dei dispositivi elettronici.
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Promuovere un’alimentazione funzionale, ricca di grassi buoni, zinco, vitamina D e antiossidanti.
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Introdurre educazione ormonale e riproduttiva fin dall’adolescenza.
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Investire in studi longitudinali pubblici per monitorare con precisione l’evoluzione endocrina delle generazioni future.
Conclusione
Il nostro sistema endocrino è lo specchio silenzioso del mondo in cui viviamo. I dati sul testosterone maschile e sulla riduzione della durata fertile femminile parlano di un cambiamento epocale che coinvolge anche i nativi digitali. Non è solo il corpo a cambiare: è la nostra identità biologica collettiva, forgiata dall’ambiente chimico e tecnologico che abbiamo creato. Possiamo ancora riscrivere questa traiettoria, ma servono consapevolezza, ricerca e una nuova ecologia del corpo.
Bibliografia essenziale
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